Nel secolo scorso, sul finire degli anni ’60 a teatro e nei primi anni ’70 anche al cinema nella trasposizione filmica, Oh! Calcutta! fu uno spettacolo d’avanguardia che dagli Stati Uniti conquistò le platee di mezzo mondo. La rappresentazione prevedeva la presenza in scena di attori nudi, che – al di là delle reazioni del pubblico più pruriginoso – può essere equiparata ad una sorta di Body Art che proprio in quello scorcio di tempo imperversava.
Camille Clovis Trouille, Oh! Calcutta! Calcutta!, 1946
Il titolo della piéce – che in modo criptico per i non francofoni alludeva un lusinghiero apprezzamento sul cosiddetto lato B del corpo femminile (per chi non avesse ancora capito: “Oh quel cul t’as” a Parigi si legge all’incirca Oh Calcutta) – era desunto dal titolo di un quadro a carattere erotico del pittore francese Camille Clovis Trouille, datato 1946. Si tratta di un nudo di donna disteso e di spalle. Lo stile di Trouille, un artista sui generis che è difficile da etichettare od ascrivere ad una scuola, si colloca a metà strada fra surrealismo, naiveté e pop. Sulfureo, irriverente, macabro, anticlericale: sono gli aggettivi più ricorrenti per descrivere questo insolito personaggio che è stato spesso definito “pittore della domenica”, quasi a sottolinearne discontinuità ed epidermicità del suo assunto etico-estetico. A voler essere sinceri si può ravvisare una carenza di incisività intellettuale all’interno del suo lavoro, che spesso si risolve in una immaginazione fumettistica da pornografo soft. Nel suo repertorio è difficile coglierci il graffio ribelle o la protesta eversiva dei surrealisti della prima ora; alla sua composizione fa difetto la visionarietà onirica di un metafisico o di un patafisico; al suo dissenso antimilitarista manca il guizzo rivoluzionario ed estremo da Diable au corps.
Suscitò l’interesse dei surrealisti e fu apprezzato da Louis Aragon e André Breton per certe sue accensioni anti-sistema, quando reduce dalla prima guerra mondiale e dai suoi orrori ne volle denunciare l’inutilità e l’assurdità dei nazionalismi. Al punto da essere tacciato di disfattismo patriottico e vilipendio delle forze armate.
Camille Clovis Trouille, Autoritratto, 1908
Nato nella provincia francese, a La Fère – un piccolo comune della Piccardia noto per le sue scuole militari – il 24 ottobre 1889, aveva studiato alla scuola di belle arti di Amiens dal 1905 al 1910. Trasferitosi nella Capitale, forte della sua abilità pittorica, lavorò assiduamente come restauratore e decoratore di manichini sino a tarda età. Sono piuttosto significative le foto che lo ritraggono nel celebre laboratorio-atelier parigino di Pierre Imans intento a dipingere i volti alteri e misteriosi di irraggiungibili modelle di cera. E’ morto a Parigi il 24 settembre 1975.
IN ALTO: immagini di Camille Clovis Trouille nell’atelier di manichini Imans di Parigi
Testa di manichino decorata da Trouille
Manichini Imans, Parigi
Nato sotto il segno zodiacale dello scorpione ne possiede tutta la carica sensuale e notturna rintracciabile in tele che lo rivelano ossessionato dal sesso e dalla morte. La sua visione dell’erotismo è impudente ma non è lieve, i suoi ammiccamenti e i suoi sberleffi non sono liberatori. Su tutto aleggia un’ombra funerea che semmai lo imparenta ad un marchese de Sade. Personaggio quest’ultimo che ricorre sovente anche come semplice dettaglio da scovare nei suoi quadri, coloratissimi ma mai luminosi, tenebrosi anche en plein air.
Del resto, Trouille in francese colloquiale vuol dire “paura”. La sua impertinenza sembra proprio prefiggersi l’obbiettivo di “far tremare” il benpensante, di épater le bourgeois. Ma forse seguendo un percorso per automatismi concettuali, talora prevedibili talora di dubbio gusto, al punto di sfiorare la blasfemia in alcune tele più spinte. Certe situazioni del suo immaginario ricordano piuttosto le copertine da fumetti erotici per adulti in voga negli anni Sessanta e Settanta. La sua ripetitività, angosciosamente monotematica, ha qualcosa di soffocante e maniacale che generalmente si ritrova nell’hardcore e non nel burlesque. Qui l’eros non è gioco ma pena luttuosa. La sessualità di Trouille non è felice, non è sensualità. Non può sfuggire un particolare della sua Voyeuse del 1950 in cui su un manifesto si legge: “Vietato ai minori di 50 anni“.
Molto più sottile l’itinerario intellettuale di Duchamp quando sbeffeggia la Gioconda leonardesca non tanto con quelle due virgole a baffo tipiche dell’iconoclasta, del dissacratore di immagini, quanto con quell’enigmatico acronimo stampigliato sotto il ritratto di donna più celebre al mondo. E ci rammenta che anche la sfinge del Rinascimento Elle a chaud au cul.
arch. Renato Santoro, Roma 17 giugno 2017
GALLERIA TROUILLE: Eros e Thanatos
Il sogno del marchese de Sade, 1959
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