Il figlio di Cleopatra e il ragazzo di Ieràpetra

Sessanta anni fa Roma viveva la sua stagione cinematografica più effervescente, quando ai tempi della cosiddetta “dolce vita” i teatri di posa della Capitale erano meta delle grandi produzioni americane, i divi di Hollywood erano sbarcati sulle rive del Tevere e i paparazzi li rincorrevano per via Veneto in cerca di foto scandalistiche da vendere alle riviste di mezza Europa.

Elizabeth Taylor girava a Cinecittà il suo ingresso trionfale al Foro Romano nelle vesti, dalle generose scollature, della seduttiva regina d’Egitto; accompagnata da Cesarione, il figlio avuto da Cesare, impersonato dal piccolo Loris Loddi.

Cinecittà, maggio 1962: il regista Mankiewicz gira l’ingresso trionfale di Cleopatra e Cesarione a Roma (con Elizabeth Taylor ed il piccolo Loris Loddi)

Sullo schermo era la prima volta che veniva presentato il frutto proibito della relazione fra l’attempato generale romano e la giovane sovrana macedone. Quando Giulio Cesare sbarca ad Alessandria nel 48 a.C. Cleopatra ha vent’anni, cioè ne conta trenta meno del condottiero il quale, a dispetto dei pettegolezzi che circolano su di lui e che lo vogliono “omnium virorum mulierem”, capitola al suo fascino, la insedia sul trono d’Egitto eliminandone il fratello, la sposa secondo il rito di quel Paese e ne riconosce il figlio. A questi viene dato il nome di Tolomeo Cesare, ma sarà il popolo alessandrino a ribattezzarlo Cesarione. Sui cartigli che accompagnano i rilievi ufficiali in cui egli appare al fianco della madre, è menzionato, in caratteri geroglifici, come Ptolmys detto Kysars, ”dalla vita eterna, amato da Ptah ed Iside” (R. J. Leprohon, The Great Name: Ancient Egyptian Royal Titulary, Atlanta 2013, p. 188).

In alto: rilievo di Cleopatra e Cesarione, dal tempio di Hathor a Dendera. Dettaglio del cartiglio con la titolatura reale di Cesarione: Ptolmys Kysars, Ankh djet, meri Ptah Aset (Tolomeo Cesare, dalla vita eterna, amato di Ptah ed Iside)

Museo egizio di Torino: stele bilingue in granito rosa proveniente da Karnak (detta di Callimaco, dal nome del governatore del nomòs tebano), in cui sono raffigurati Cesarione e Cleopatra VII. Per lui gli appellativi nel testo greco sono Φιλοπάτωρ Φιλομήτωρ, vale a dire: colui che ama il padre e la madre

Presunti ritratti di Cesarione in versione faraonica: al Franklin Institute di Philadelphia, negli Stati Uniti; all’Egizio del Cairo

Al British Museum di Londra è conservato quello che è ritenuto il più credibile ritratto della regina Cleopatra

Johan Gustaf Sandberg: Tolomeo Cesare mostra a Cleopatra il busto di Cesare, olio su tela, 1814

Sulla scorta di una stele conservata al Louvre (n. 335/IM8) la nascita di Tolomeo XV è ascritta al 23 Paynì dell’anno quinto del regno di Cleopatra, decimo mese del calendario egizio corrispondente al 23 giugno del 47 a.C. del calendario giuliano (21 giugno di quello gregoriano). Nascere in coincidenza con il solstizio d’estate significava essere stato concepito all’inizio d’autunno dell’anno precedente, quando cioè Cesare si trovava ad Alessandria, avallandone così la consanguineità. Circostanza questa che i detrattori della paternità di Cesare hanno ostinatamente cercato di confutare, con in testa il Carcopino.

Sia il fratello maggiore del più noto Jean-François Champollion che il Rosellini – rispettivamente in Jacques J. Champollion-Figeac, Egypte ancienne, (ed. Firmin-Didot, Parigi 1839, pp. 252-253) e in Ippolito Rosellini, I monumenti dell’Egitto e della Nubia (parte I, tomo IV, ed. Niccolò Capurro, Pisa 1842, pp. 370-372) – hanno descritto i rilievi del mammisi di Ermonthis, l’odierna Armant, commissionati da Cleopatra, come rappresentazione simbolica della real nascita di Cesarione, figlio della coppia divina. L’egiziana era assimilata ad Iside; Cesare a discendente di Venere, in quanto membro della gens julia, stirpe di Julo, figlio di Enea e della dea nata dalla spuma del mare.

A posare per la statua di Venere, opera dello scultore Archesilao di Cirene nel tempio innalzato a Roma da Giulio Cesare in onore di Venus Genitrix, pare sia stata Cleopatra stessa, durante il suo soggiorno nell’Urbe, quando con Cesarione soggiornava nella villa transtiberina messale a disposizione dal condottiero romano.

I due avevano raggiunto Cesare a Roma confidando in una campagna di ufficializzazione del loro ruolo nell’ambito della politica romana; ma quando nel 44 a.C. Giulio Cesare cade sotto le lame dei congiurati e la lettura del suo testamento individuerà in Ottaviano il proprio erede, Cleopatra decide di anticipare il ritorno ad Alessandria.

Nominalmente madre e figlio saranno coreggenti, anche se, in vista della minore età del fanciullo, di fatto il potere è nelle mani di Cleopatra.

Il resto della storia è ben noto: il gaudente Marco Antonio viene irretito dalla regina incontrata a Tarso, la sposa ed insieme avranno tre figli, i gemelli Alessandro Elio e Cleopatra Selene e il piccolo Tolomeo Filadelfo. Nel loro progetto di spostare sul Delta l’asse del nuovo impero, consapevoli delle potenzialità del quadrante orientale, finiranno con lo sfidare Roma e mettersi contro Ottaviano, sino allo scontro finale ad Azio nel 31 a.C. La sconfitta dei due amanti avrà come esito il suicidio di entrambi: eroico quello del Romano, plateale quello della regina alla soglia dei quarant’anni (che nei secoli offrirà materia per schiere di pittori e letterati). Ottaviano conquista l’Egitto e avendo fretta di togliere di mezzo l’erede consanguineo di Cesare, fa uccidere il non ancora diciottenne Cesarione nel 30 a.C.

Scrive Svetonio che Giulio Cesare aveva consentito a Cleopatra “di chiamare con il suo nome il figlio nato da loro. Alcuni scrittori greci hanno affermato che questo era anche somigliante a Cesare sia nell’aspetto, sia nel modo di camminare. Marco Antonio dichiarò al Senato che il figlio era stato anche riconosciuto come suo da Cesare, e che lo sapevano anche Gaio Mazio, Gaio Oppio e gli altri amici di Cesare” (filiumque natum appelare nomine suo passus est. Quem quidem nonnulli Graecorum similem quoque Caesari et forma et incessu tradiderunt. M. Antonius adgnitum etiam ab eo senatui adfirmavit, quae scire C. Matium et C. Oppium reliquosque Caesaris amicos). Così Svetonio in De vita Caesarum, Vita di Giulio Cesare, par. 52.

Di conseguenza era imbarazzante per il futuro Augusto convivere con questa spinosa presenza. Il “piccolo Cesare” era stato raggiunto dai Romani mentre cercava di mettersi in salvo imbarcandosi da un porto sul Mar Rosso e, ricondotto ad Alessandria, soppresso senza troppi complimenti.

Non molti anni fa l’archeologo Paolo Moreno, forte di questi presupposti, puntando sulla conclamata somiglianza di Cesarione con l’illustre genitore, ha individuato la connessione fra un busto di marmo docimeno affiorato ad Arles dalle acque del fiume Rodano nel 2007 e identificato come ritratto di Cesare; ed una statua di bronzo rinvenuta per caso a Creta, sulla spiaggia di Ieràpetra, lungo la costa meridionale dell’isola greca. Era il 1958 quando, scavando a pochi metri sotto la sabbia vicino alla scogliera, affiorò questa elegante figura giovanile, oggi esposta al museo di Herakleion, il capoluogo cretese famoso per le testimonianze dell’età minoica. Il panneggio, l’impianto e la postura la fanno datare come opera ellenistica del I secolo a.C., quale la descrive la studiosa greca Eliana G. Raftopoulou nella pubblicazione L’enfant de Hiérapétra (De Boccard, Parigi 1975).

Moreno, analizzando le due fisionomie, ha formulato la fondata ipotesi che il ragazzo di Ieràpetra, a grandezza naturale, fosse compatibile con quella di un adolescente qual era Cesarione, tanto più che Creta era possedimento romano ceduto da Antonio a Cleopatra. La capigliatura, il naso, l’ovale, le pieghe facciali dei due ritratti hanno notevoli punti di contatto. L’archeologo italiano inoltre ha messo in evidenza che di questo bronzo cretese esistono due analoghe versioni in marmo, però entrambe acefale: una proveniente dagli scavi della prima metà del Novecento in via Panisperna ed esposta al Museo Archeologico Nazionale Romano delle Terme di Diocleziano, l’altra conservata al Museo di Belle Arti di Budapest, anch’essa di provenienza romana. Questo dato conferma trattarsi di un personaggio di riguardo, meritevole di una vasta ritrattistica ma destinato alla damnatio memoriae. E tale doveva essere il figlio di una sovrana che ha lasciato una così incisiva impronta nella storia dell’antichità e che per vent’anni ha dato del filo da torcere a Roma.

Le valutazioni di Paolo Moreno sono state pubblicate a più riprese. Si vedano infatti gli articoli: P. Moreno, Il ragazzo di via Panisperna [copia al Museo Nazionale Romano del Cesarione in bronzo da Ieràpetra], in “Il Giornale dell’Arte”, anno 23, n. 250, gennaio 2006, p. 44, figg. 1-2; P. Moreno, Il Cesare di Arles e il Cesarione di Ierapetra, in La sculpture romaine en Occident: Nouveaux regards. Actes des Rencontres autour de la sculpture romaine 2012, Aix-en-Provence, Publications du Centre Camille Jullian, 2016.

Gli altri figli della regina tolemaica, ultima discendente della stirpe dei diadochi di Alessandro il Grande, avuti da Antonio, furono risparmiati da Ottaviano. Seguiranno, nel 29 a.C., il carro del trionfatore a Roma, ove saranno allevati da Ottavia, che di Marco Antonio è ufficialmente vedova. Morirono giovani i due maschi; mentre di Selene si sa che andò sposa a Giuba II, re di Numidia e Mauritania, conosciuto nell’Urbe (cfr. Plutarco, Vite Parallele, Vita di Antonio; J. Whitehorne,Cleopatras, London 1994, pp. 197-199).

Il busto in marmo docimeno (di estrazione anatolica) rinvenuto nelle acque del Rodano nel 2007 ad Arles e conservato nel locale museo di antichità, è stato accolto – dalla comparazione con altre raffigurazioni del generale romano – come possibile ritratto di Giulio Cesare

Due noti ritratti di Cesare: quello in statuario di Luni del Museo Pio-Clementino ai Vaticani di Roma; quello in basanite verde, in stile egittizzante-tolemaico, all’Altes Museum di Berlino

Museo di Herakleion, Creta: bronzo a grandezza naturale rinvenuto nel 1958 a Ieràpetra, sulla costa meridionale dell’isola greca. Dall’analisi comparata con il Cesare di Arles, l’archeologo Paolo Moreno accredita il riconoscimento con il giovane Cesarione

Alle Terme di Diocleziano, a Roma, Paolo Moreno ha identificato in questa statua acefala in marmo di Luni – proveniente dagli scavi della prima metà del Novecento e descritta da Lucia Morpurgo nel 1937 – la medesima rappresentazione del ragazzo di Ieràpetra. Il fatto che un’altra a questa identica, sia conservata al Museo di Belle Arti di Budapest (a destra), entrambe copia del bronzo cretese, avvalora nell’archeologo italiano la convinzione che si tratti del medesimo personaggio di rilievo, condannato alla damnatio memoriae, e che dunque si sia in presenza del figlio di Cesare, con cui palesa una forte somiglianza

Sull’onda del kolossal Cleopatra, il cinema italiano attinge al fascino dell’antico Egitto e della seducente regina. Tra le varie pellicole di genere, proiettate sui nostri schermi, accanto a Due notti con Cleopatra (1954), con Sofia Loren; Le legioni di Cleopatra (1959), con Linda Cristal; Una regina per Cesare, (1962) con Pascale Petit; e persino una parodia come Toto e Cleopatra, (1963) con Magali Noël; ci si può imbattere in una trama di pura fantasia come Il figlio di Cleopatra del 1964, sceneggiato e diretto da Ferdinando Baldi

Immagine di copertina: ritratto di Tolomeo XV Cesarione, tavola XXIII fig. 83 da Ippolito Rosellini, I monumenti dell’Egitto e della Nubia, Capurro, Pisa 1832, tomo I (monumenti storici)

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