Classe 1845: triangolo dell’arte regia in Roma capitale. Ferrari – Roesler Franz – Nathan

Tre fratelli liberi muratori nella Roma unitaria del XIX secolo, che nella Capitale hanno rivestito un ruolo di spicco, ciascuno nel proprio campo, sono accomunati dal medesimo anno di nascita, il 1845. Si tratta di Ettore Ferrari, scultore; Ettore Roesler Franz, acquarellista; Ernesto Nathan, politico.

Il primo, e più longevo dei tre, è Ferrari, nato a Roma il 25 marzo, dove morirà il 19 agosto del 1929. Sempre a Roma nasce Roesler Franz l’11 maggio e qui morirà il 26 marzo del 1907 a sessantadue anni. Infine il britannico Ernesto Nathan, di famiglia ebraica, nato a Londra il 16 ottobre che passerà a miglior vita (o, per dirla in codice muratorio, all’Oriente Eterno) il 9 aprile 1921 nella cosiddetta terza Roma, di cui era stato rimpianto sindaco. Ma quella che andiamo a raccontare era veramente un’altra Roma, lontana anni luce da quella in cui viviamo; e quegli uomini erano davvero di una tempra etica ben diversa. Quella che una volta si diceva “classe di ferro”.

ETTORE FERRARI

Ritratto di Ettore Ferrari del 1883 e foto dell’artista nel suo atelier di Porta Salaria

Il romano Ettore Ferrari dal padre Filippo, scultore, apprende i primi rudimenti dell’arte ed eredita la passione per la politica e la laicità del nuovo Stato Unitario post pontificio. Filippo Ferrari infatti, carbonaro mazziniano della prima ora, aveva partecipato alla difesa del Casino dei Quattro Venti nel 1949 al tempo della Repubblica Romana. La tomba di famiglia al Verano – al riquadro 4 del Pincetto Vecchio – in cui è stato inumato Ettore era stata realizzata da Filippo Ferrari (1818-1897) di cui si può qui apprezzare l’abilità figurativa d’impostazione accademica nel ritratto incorniciato fra i rami di acanto che decora il monumento funebre. La madre di Ettore – secondo di quattro figli – si chiamava Maria Luisa Pasini ed era di origine fiorentina.

Ettore aveva studiato all’Accademia di San Luca, tappa obbligata di chi nella Roma papalina volesse intraprendere la carriera artistica. Ed è qui che avviene l’incontro con Roesler Franz con il quale stringerà un sincero legame di amicizia, che culminerà – quando Ferrari, spirito liberale ed anticlericale, verrà iniziato alla massoneria nel 1881 presso la loggia Rienzi – nel sodalizio con Ernesto Nathan.

Tra questi ultimi due ci sarà una sorta di staffetta nella Gran Maestranza del Grande Oriente d’Italia. Nathan fu Gran Maestro dal 1896 al 1903 per passare il testimone a Ferrari che lo sarà dal 1904 al 1907 quando Nathan era divenuto sindaco di Roma e per opportunità politica aveva deciso di concedersi un intervallo. Ernesto Nathan tornerà in carica a Palazzo Giustiniani dal 1918 al 1919.

A Roma il nome di Ferrari scultore è indissolubilmente legato alla statua celebrativa di Giordano Bruno, campione indiscusso del libero pensiero, che poté essere innalzata a Campo de’ Fiori solo quando l’Italia anticlericale dei re piemontesi e la Roma di Nathan potevano avere fiato per contrastare i dinieghi della curia papalina. Nel primo bozzetto Ferrari aveva immaginato il Nolano con il braccio alzato come un antico eroico tribuno in atto di condanna verso i suoi aguzzini. La soluzione finale, forse ancora più efficace nella posa accigliata e a capo chino, ma accusatorio e rivolto in direzione del Vaticano, con le mani incrociate come incatenate su quel tomo e l’indice che segna le pagine della sua scienza sapienziale accusata di eresia; sembra riecheggiare la famosa frase rivolta all’inquisitore Bellarmino, nell’ascoltare la propria condanna al rogo: Forse tremate più voi nel pronunciare questa sentenza che io nell’ascoltarla. La statua di Giordano Bruno fu inaugurata il 6 giugno 1889, nella piazza dove era stato arso vivo il 17 febbraio del 1600.

E. Ferrari: primo bozzetto di Giordano Buno in posa da arringatore, A destra il gesso alla Galleria Nazionale di Arte Moderna

E. Ferrari, disegno preparatorio nella versione definitiva

Stampa della cerimonia inaugurale a Campo de’ Fiori il 6 giugno 1889

E. Ferrari: statua di Giordano Bruno in una cartolina d’epoca

Fra i suoi lavori più celebrati la statua di Ovidio, nelle due versioni: la prima destinata alla città rumena di Costanza sul Mar Nero, dove il poeta latino consumò il suo esilio; l’altra vent’anni dopo a Sulmona, luogo natale dell’autore delle Metamorfosi. Il bronzo di Costanza fu inaugurato nel 1887, quello nella città abruzzese solo nel 1925 alla presenza del re, imbarazzante per un repubblicano, al centro di piazza XX Settembre, data simbolo della presa di Roma.

Ettore Ferrari: Costanza sul Mar Nero, Romania, statua di Ovidio (1887)

E. Ferrari, Ovidio, Sulmona, piazza XX Settembre (1925)

Sono state indagate alcune allusioni iniziatiche nella statua di Sulmona, come la datazione ab urbe condita (2677) alla maniera del rito simbolico; il fascio littorio con il berretto frigio, inciso accanto alla firma, che rimanda all’iconografia rivoluzionaria già sperimentata al Vittoriano; la corda annodata ai piedi dell’esule di Tomi che fa pensare ai nodi d’amore della decorazione di loggia; il capo reclinato e la mano a squadra sotto il mento come nell’ordine rituale del grado massonico.

Altra sua opera cara ai Romani è il monumento a Mazzini all’Aventino, sul belvedere che domina il Circo Massimo. Il progetto aveva preso corpo già nel 1902, ma si dovette attendere sino al 1922 per la posa della prima pietra, stanti le opposizioni del fascismo tanto alla massoneria e ai suoi rappresentanti quanto alla figura di Mazzini stesso. In conclusione si arriverà al dopoguerra, quando Ferrari era già morto vent’anni prima, in occasione del centenario della Repubblica Romana, nel 1949. Il Vaticano, tramite la sua longa manus politica, continuò con i suoi veti censurando alcuni gruppi sculturei in pietra del basamento, ritenuti palesemente anticlericali e che saranno infine eliminati. A fare da corona a Giuseppe Mazzini un giro di medaglioni celebrativi di alcuni illustri eroi risorgimentali che avevano aderito alla libera muratoria: da Pisacane a Mameli, da Saffi a Rosolino Pilo.

E. Ferrari: bozzetto preparatorio del monumento a Mazzini

Il messaggero di Roma del 3 giugno 1949: cronaca dell’inaugurazione del monumento a Mazzini

Il palco delle autorità, guidate dal presidente Einaudi (Roma, 2 giugno 1949), al piazzale Romolo e Remo

1949: francobollo commemorativo di Ettore Ferrari e dell’evento

Nel 1880 Ettore aveva sposato Maria Carolina Frey von Freienstein, di origine svizzera, da cui ebbe due figli, Gian Giacomo e Giordano Bruno, così battezzato proprio mentre lo scultore era intento a completare il suo capolavoro di Campo de’ Fiori, una delle rare piazze romane senza chiese. Gian Giacomo collaborerà con lo scultore Giuseppe Guastalla alla ricomposizione finale del monumento a Mazzini di piazzale Romolo e Remo (oggi intestato a La Malfa), seguendo le istruzioni lasciate dal padre. Nonostante i ritardi e gli ostacoli, lastre e bronzi alla morte di Ferrari erano già tutti completati, conservati nei depositi in attesa di essere assemblati.

Durante il regime fascista Ferrari fu sorvegliato speciale per la propria affiliazione alla massoneria, che nel 1925 il duce aveva messo fuori legge; al punto che gli squadristi più volte fecero violenta irruzione nel suo studio, in cerca di un qualche pretesto per mandarlo al confino.

Il figlio Giordano Bruno, convinto repubblicano sulle orme del padre e come Ettore versato nelle belle arti, scelse di partecipare alla resistenza clandestina finché, arrestato dai tedeschi, sarà fucilato nel 1944 a Forte Bravetta.

E. Ferrari, busto autoritratto in marmo, Palazzo Pitti, Firenze

La casa-studio di Ettore Ferrari a Porta Salaria

L’attuale assetto urbanistico di piazza Fiume, dove un tempo c’era la Porta Salaria – ad un fornice, incastonata nelle Mura Aureliane – ha completamente stravolto e reso del tutto irriconoscibile quello che ne era l’aspetto un secolo fa ed oltre. E’ qui che a fine Ottocento aveva fissato casa e studio Ettore Ferrari. Si tratta del gruppo di costruzioni addossate alla cinta muraria, comprese tra la Porta e la via Valenziani, quale è rappresentato nella mappa del cessato catasto pontificio. In occasione della presa di Roma del 1870 e della breccia di Porta Pia, distante ad est poche centinaia di metri, venne coinvolta nei cannoneggiamenti delle truppe italiane anche la porta Salaria che ne uscirà pesantemente danneggiata. L’architetto Virginio Vespignani si adopererà per ricostruirla dov’era conferendole un’impronta cinquecentesca; ma già all’inizio degli anni Venti del Novecento si finì col rimuoverla del tutto per consentire i nuovi svincoli stradali che hanno conformato l’odierna piazza Fiume. Fu creata anche una strada che taglia l’originario giardino della casa-studio del Ferrari, la via Quinto Sulpicio Massimo che deve il nuovo toponimo al sepolcro romano del primo secolo d.C. di un adolescente poeta latino riemerso durante gli scavi, ricostruito nella corte dell’edificio. Nelle modanature delle finestre guelfe al primo piano il Nostro ha fatto incidere le iscrizioni che fanno sapere al passante che là vivevano Ettore Ferrari, la moglie Maria Carolina Frey (figlia del pittore svizzero Johan Jacob) ed i figli Gian Giacomo e Giordano Bruno. Infatti sulla prima si legge: “Hect. et Io. Iac. Ferr.”; sull’altra: “JOb et Mar. Carol. Ferr.”.

Mappa del cessato catasto pontificio a confronto con immagine satellitare di piazza Fiume

La Porta Salaria prima del 1870 e nella ricostruzione del Vespignani

La cosa-studio di Ettore Ferrari, scultore e Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia

Tomba della famiglia Ferrari al Verano, al riquadro 4 del Pincetto Vecchio

ETTORE ROESLER FRANZ

Ettore Roesler Franz nacque nella casa di famiglia al quarto piano di via dei Condotti 85. Facoltosi banchieri – di ascendenza germanica giunti nel Settecento dalla regione dei Sudeti (fra Baviera e Boemia), come il cognome del padre Luigi palesa – avevano aperto un rinomato albergo frequentato dai viaggiatori europei del Grand Tour, l’Albergo d’Alemagna all’angolo con piazza di Spagna. La madre si chiamava Teresa Biondi.

Ritratto di Ettore Roesler Franz a sedici anni, eseguito a pastello dall’amico Ettore Ferrari

Via Condotti in una foto del 1860 circa e l’albergo d’Alemagna della famiglia Roesler Franz

Dopo aver studiato nel vicino Istituto di Propaganda Fide, nel 1863 lo troviamo iscritto presso la prestigiosa Accademia di San Luca, dove consegue il secondo premio alla seconda classe di architettura. A questo periodo e in quelle stesse aule risale la frequentazione e il sodalizio con il coetaneo Ettore Ferrari.

Dal 1864 al 1872, grazie alla sua buona conoscenza della lingua e all’interessamento del console Joseph Severn, anziano amico di famiglia, lavora al consolato inglese presso la Roma di Pio IX. Severn, storico amico del poeta inglese Keats, era anch’egli provetto disegnatore e acquarellista, lo introduce nei circoli culturali della nuova capitale sabauda. Severn e Keats riposano, uno accanto all’altro, al cimitero acattolico di Porta San Paolo.

Lo studio di Roesler Franz si trovava al civico 86 di piazza San Claudio, nel gruppo di edifici che negli anni Trenta fu demolito per dare spazio alla nuova sistemazione di piazza San Silvestro. Qui l’artista esponeva i suoi cartoni che dividevano la critica fra ammiratori e detrattori, fra quanti ne apprezzavano le innegabili doti che la tecnica dell’acquarello richiede e quanti li liquidavano come bozzettismo da nostalgico passatista.

Nella mappa di Roma del cessato catasto pontificio e in una xilografia del 1894 è visibile il gruppo di case fra piazza S, Silvestro e piazza S. Claudio, dove si trovava lo studio di Roesler Franz (demolito durante gli sventramenti degli anni Trenta)

Nathan, vertice della triangolazione Ferrari-Roesler Franz, che come Ettore Ferrari rivestirà la carica di Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, quando fu sindaco del Comune di Roma, si attivò concretamente perché la giunta capitolina acquistasse l’intera raccolta di 120 acquarelli del Franz. La collezione, che va sotto il titolo di Roma pittoresca. Memorie di un’epoca che passa – divulgata popolarmente come Roma sparita – dopo essere transitata per Palazzo Braschi, oggi ha trovato collocazione nel Museo di Roma in Trastevere. Quei quadri costituiscono una preziosa miniera documentaria cui attingere a testimonianza delle trasformazioni urbanistiche di una città in continua evoluzione.

Ettore Roesler Franz all’età di 57 anni ritratto da Giacomo Balla

Roesler Franz fotografato a Villa d’Este a Tivoli, con il suo giovane allievo Adolfo Scalpelli nell’estate del 1902

1906: Ettore Roesler Franz ritratto dal tivolese Adolfo Scalpelli

Roesler Franz negli ultimi anni della sua vita fu un assiduo frequentatore di Tivoli, che gli conferì la cittadinanza onoraria e dove possedeva una casa con vista sul convento dei Cappuccini, soggetto assai ghiotto per un vedutista del suo calibro. Nella cittadina laziale si affezionò ad un ragazzetto del luogo che accolse come apprendista, l’unico sotto il proprio insegnamento. Si tratta del quattordicenne Adolfo Scalpelli (1888-1917) cui si deve un ritratto a matita del maestro sessantunenne.

Roesler Franz riposa nella cappella di famiglia costruita dai capostipiti Enrico e Alessandro nel cimitero monumentale del Verano, alla Rampa Caracciolo , arcata 21.

La cappella di famiglia dei Roesler Franz e la tomba di Ettore, al Verano

ERNESTO NATHAN

Di genitori entrambi di fede giudaica, il tedesco Moses Meyer e l’italiana Sara Levi di Pesaro, Ernesto nasce nella capitale britannica dove padre e madre si erano trasferiti per affari ottenendone la cittadinanza. Ernesto era quinto di undici figli. Sara, che era un’ardente repubblicana, frequentava Mazzini allora esule a Londra e fu proprio un istitutore affiliato alla carboneria, Maurizio Quadrio, reduce dall’avventura romana, ad impartire al dodicenne Ernesto lezioni di latino e francese. In quell’ambiente patriottico e libertario venivano seminati nel giovane gli ideali per una società più giusta ed egualitaria.

Ernesto Nathan ritratto da Giacomo Balla

Alla morte di Moses la famiglia Nathan nel 1959 si trasferisce in Italia, Dopo anni di viaggi, dopo il matrimonio con Virginia Mieli e la nascita di due bambine e dopo la liberazione di Roma, nel 1971 Ernesto si stabilisce in pianta stabile nella Capitale ed infine ottiene la cittadinanza italiana.

Nel 1887 entra nella loggia massonica Propaganda dove scalò rapidamente i gradi iniziatici sino a subentrare ad Adriano Lemmi nella Gran Maestranza del Grande Oriente d’Italia nel 1896. Nel 1901 è proprio lui ad inaugurare la storica sede romana di via Giustiniani, nell’ala acquisita dal Senato della Repubblica e che da decenni l’istiturzione rivendica.

Il tempio grande di Palazzo Giustiniani, innalzato da Nathan nel 1901

Nei primi anni del nuovo secolo Nathan costituisce un’alleanza elettorale fra repubblicani, radicali e socialisti sotto la bandiera di “blocco popolare” e con questa lista viene eletto sindaco di Roma nel 1907. Sette anni dopo il “blocco” diventa “Unione liberale democratica” e si aggiudica il secondo mandato. Soltanto nel 1912 l’Italia giolittiana aveva esteso il suffragio ai maschi che avevano compiuto trent’anni e avessero il diploma elementare. L’esclusione delle donne aveva visto tutti gli schieramenti d’accordo, nel timore condiviso che il voto femminile potesse orientare verso le direttive impartite della chiesa. L’altra metà del cielo dovrà attendere il 1946 e il referendum fra monarchia e repubblica per avere accesso alla politica nazionale. L’amministrazione Nathan, improntata al laicismo e alle politiche sociali, lascerà nella Roma sonnacchiosa, provinciale e bigotta di quegli anni un ricordo indelebile nella cittadinanza. Tuttora la figura di Ernesto Nathan viene ricordata come esempio di lungimiranza illuminata. Nel 1909 affida all’architetto Edmondo Sanjust di Teulada la redazione del primo piano regolatore di Roma, in quegli anni di intensa espansione fuori le mura, definendo tipologie, destinazioni, altezze e distanze. Al contempo aumenta la tassazione sulle rendite dei terreni disponibili, quasi tutti in mano ad un ristretto numero di aristocratici possidenti e in elenco fra i beni d’Oltretevere, sui quali sarebbero sorti i nuovi quartieri. Logico che su Nathan ricadessero i malumori della destra e delle baronie di speculatori.

Negli anni della sua amministrazione a Roma vengono municipalizzati il trasporto pubblico, l’energia elettrica ed idrica e saranno aperti centinaia di asili d’infanzia. Vengono realizzati gli stabilimenti della centrale elettrica Montemartini e quelli della Centrale del latte all’Esquilino. Vengono inaugurati: il palazzo di Giustizia di Guglielmo Calderini (1910) e il Vittoriano di Giuseppe Sacconi nell’anniversario del cinquantenario dell’Unità d’Italia (1911).

Allo scoppio del primo conflitto mondiale si sentì in obbligo di non sottrarsi ai doveri patriottici e a dispetto dell’età – nel 1915 aveva settant’anni – il sindaco si arruola nei reparti della Croce Rossa.

Annie Nathan, ritratto dei genitori (1915)

La figlia Annie si dilettava di pittura e seguiva le lezioni da Giacomo Balla. Un suo quadretto d’ambiente familiare, datato in basso a destra 1915, ritrae i genitori, Ernesto e Virginia Mieli, intenti ad un gioco di carte.

Nathan riposa al Verano, al riquadro 47 del Pincetto Nuovo, in una monumentale tomba di chiaro impianto e simbolismo massonico, di taglio piramidale e fatta di conci di pietra da taglio di un muro in costruzione e “non finito”. A pochi passi c’è il sepolcro della madre Sara Levi, in fondo prima artefice del suo avvicinamento agli ideali mazziniani. Fu infatti proprio Sarina (come veniva chiamata familiarmente), negli anni londinesi, a frequentare gli ambienti dei dissidenti italiani esuli in Inghilterra. I pettegolezzi del tempo la vollero addirittura legata sentimentalmente al Genovese.

La casa romana di Nathan al civico 122 di via Torino, dove il Nostro visse e morì

La tomba massonica di Ernesto Nathan al riquadro 47 del Pincetto Nuovo del Verano

Da sinistra: Ettore Ferrari (Roma, 1845-1927); Ettore Roesler Franz (Roma, 1845-1907); Ernesto Nathan (Londra 1845-Roma 1921)

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