CHE REBUS QUEL REBIS…

Nella libera muratoria si parla di duplice polarità, solare e lunare, quando all’iniziato viene offerta una doppia coppia di guanti bianchi.

In un’aula massonica, alle spalle dello scranno ad Oriente, ai due lati campeggiano i simboli del sole e della luna. Nella manualistica dei tarocchi luna e sole corrispondono agli Arcani Maggiori 18° e 19°.

tarocchi

Il Sole apre il ciclo dei segni zodiacali che si snoda a partire dall’Ariete, dunque dall’equinozio di primavera, data del capodanno framassonico e del germinal rivoluzionario francese, lungo le pareti del Tempio con verso antiorario, sino a completare il giro con il simbolo dei Pesci ed infine la Luna. Questi due pianeti zodiacali (ben sappiamo che il sole è una stella e la luna è un satellite, ma nel sistema tolemaico sono detti convenzionalmente pianeti) costituiscono, come si è detto, le due polarità opposte:   quella  maschile,   diurna,   asciutta,   razionale   e   quella  femminile, notturna, umida, intuitiva. Come le due colonne all’ingresso del Tempio, le colonne Boaz e Jakin, una nera e l’altra bianca, una dorica, massiccia, maschile, l’altra jonica, snella, femminile, già per i Greci distinte per templi destinati a divinità   maschili   o   femminili.   Ogni   divinità   maschile   aveva   la   propria corrispondenza al femminile: Zeus Pater (Juppiter) e Demetra, la Dea Madre; Giano e Diana; Apollo solare e Artemide lunare.

Solo Atena, che è la Vergine guerriera, invocata come patrona di sapienza, non ha corrispettivo maschile.

Il sole, abbacinante occhio di Dio al centro del cielo nelle arroventate estati mediterranee è naturalmente immagine maschile, secca, come la pallida luna è liquido specchio di Artemide. Succede poi che, al contrario, nella lingua tedesca, dove la luna è un concetto romantico molto forte è sostantivo maschile (Mond), mentre il debole sole del nord è sostantivo femminile (Sonne). Polarità ribaltate?

Il maestro venerabile a conclusione del rito di iniziazione offre al neofita due paia di guanti, uno per la sua polarità maschile, l’altro per la sua polarità femminile. C’è da credere che non si tratti, semplicisticamente,  di una paio di guanti destinati alla sua compagna, ma che il dono abbia un risvolto più sottile.

palazzo-giustiniani-1911IN ALTO: tempio grande in Palazzo Giustiniani, sede storica del G.O.I. in una foto del 1911

Mi piace credere che sia un richiamo al Rebis platonico, alla nostra primigenia condizione di Res Bina, Hermes e Afrodite in una cosa sola.

palazzo-massimoIN ALTO: Ermafrodito dormiente. Roma Museo di Palazzo Massimo

fellini-satyriconIN ALTO: fotogramma da Fellini-Satyricon (1969). 

L’episodio dell’ermafrodito nel film del regista riminese pone l’accento sul potere magico-taumaturgico di questa bizzarra creatura in cui convergono entrambe le polarità. Questa potenzialità, molto sentita nel mondo tardo-antico, la ritroveremo a Napoli nella figura del femminiello, retaggio di una tradizione pagana quale viene rappresentata, come in un rituale apotropaico, da Malaparte nelle pagine di La pelle (1949).

Fulcanelli ne Il mistero delle Cattedrali (1926) – cfr. E. Canseliet, ed. Mediterranee, Roma 1988, p. 163 e sgg. – dà questa spiegazione: RE+RE=BIS RE, ovvero, REBIS, la Pietra filosofale. Il rebis, infatti, è l’unione di oro e mercurio filosofico, materia umida e materia secca, principio maschile e femminile (l’unione, in sostanza, della doppia natura).

Nell’iconografia ermetica, dal Rinascimento sino al Novecento (si pensi a Duchamp e alla sua Gioconda con i baffi) è presente questa sorta di ibrido primordiale e unitario in cui si fondono il maschile ed il femminile, prima che l’Uno si sdoppi nella dualità terrena. Anche nella Genesi, quando si racconta la creazione, leggiamo che Jahvè nel creare l’Uomo “maschio e femmina lo creò”.

Per Jung il tutto si traduce in Animus e Anima, i due archetipi del maschile e del femminile, del paterno e del materno che  convivono in ciascun essere umano

tarocchi del MantegnaIN ALTO: Tarocchi del Mantegna (XV sec.), la teologia, carta XXX

leonardo-rebis-bisJN  ALTO: Leonardo da Vinci, il Rebis androgino

michael-majerIN ALTO: Michael Maier, Symbola aureae mensae, 1617

viatorumIN ALTO: H. Jamsthaler, Viatorum spagyricum, 1625

duchamp IN ALTO: M. Duchamp, LHOOQ, 1919

guache su carta 1948 rené magritte lola de valenceIN ALTO: R. Magritte, Lola de Valence, 1948

L’Handrogyne di cui parliamo è naturalmente del tutto virtuale. Pochi giorni fa in un libro che non è propriamente esoterico, anzi tutt’altro, ho trovato un significativo spunto di riflessione.  Come dice Eraclito il dio non dice, non esplicita, ma accenna, si esprime per cenni allusivi. Bisogna saperli cogliere.

Il brano che riporto di seguito è tratto da un romanzo del 1959 scritto da uno dei primi transessuali del nostro Paese. Si tratta di Gioacchino Stajano che fece la sua prima comparsa nella Dolce Vita felliniana. Dal Simposio di Platone a Via Veneto il salto è veramente un triplo salto mortale. Eppure in queste righe ho trovato lo spessore di un pensiero di tutto rispetto.

Se tutto deriva dal caos , è semplice: ogni cosa è nello stesso tempo quello che è e quello che avrebbe potuto essere; e nessuno può arrogarsi il diritto di una sentenza assoluta.

Se invece esiste Dio, Intelligenza e Ordine supremo, Principio spirituale di ogni cosa vivente, in Lui è l’origine di ogni contrario. Egli è, contemporaneamente, Principio maschile e Principio femminile. Perciò l’essere che Egli creò a sua immagine doveva concretizzare entrambi quei principî in un’unica materia, cioè in un unico corpo. Poi, nei secoli, queste creature androgine, originariamente perfette, atrofizzando in sé uno dei due principî dai quali erano animate, si determinarono nell’uso di uno solo di essi, che (secondo si trattasse di quello maschile o di quello femminile) fece di ogni individuo, in cui continuò a manifestarsi, un maschio oppure una femmina. Ed ecco che Eva fu tratta dal corpo di Adamo, come narra la Bibbia, durante il lungo sonno di lui.

…………………

Ho immaginato io che sia così perché mi serve che sia così. Perché ciò mi giustifica. E può darsi benissimo che sia proprio così. Ma è altrettanto possibile che sia in tutt’altro modo.”

Così si esprime l’autore (G. Staiano, Roma capovolta, Quattrucci, Roma 1959, pp. 27-29).

Nel mito dell’Androgino raccontato nel Simposio (Platone, Simposio, discorso di Aristofane, 190 c-d), Zeus per punire gli uomini della loro insolenza disse: “Adesso li taglierò in due uno per uno, e così si indeboliranno e nel contempo, raddoppiando il loro numero, diventeranno più utili a noi.”

Da qui la nostra nostalgia per questa perduta unità, di questo bisogno di ritornare all’Uno. Di ricomporre le due metà della stessa mela.

In statica il punto zero delle forze si raggiunge quando l’archipendolo strumento dell’ars regia, sotto l’ala benevola di Venere divinità della bellezza armonica, bilancia il più e il meno, e il bianco e il nero si annullano nella sottile linea virtuale di demarcazione fra il bene e il male.

balzacIN ALTO: illustrazione di E. Toudouze (1897) da Seraphita di Honoré de Balzac

Un intrigante racconto di Balzac, Séraphita, sembra rimandare per arcane allusioni a questo oscuro mistero dell’androgino. La novella del 1835 fa parte del corpo cosiddetto “mystique” dello scrittore francese. Il personaggio attorno al quale ruota il testo è allo stesso tempo Séraphitus e Séraphita e come maschile è amato da Minna, come femminile amato da Wilfrid che sono gli altri due personaggi-chiave della storia. Ed è solo con questo spirito di disarmante sbigottimento al cospetto dell’enigma che si può compenetrare nei riti misterici, rammentando che “mysté” per gli Elleni di Delfi è il silenzio prudenziale di chi è consapevole –per dirla con Wittgenstein – che “su ciò di cui non si è in grado di parlare è doveroso tacere”.

Roma, 12 febbraio 2017 

IN COPERTINA: Ermafrodito dormiente, Roma, Galleria Borghese

galleria-borghese

 

 

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