RITRATTISTICA DEL FAYYŪM NEI MUSEI ITALIANI

L’arte del Fayyūm, oltre ad indicarne la specifica provenienza geografica, compendia in sé lo stile di quella particolarissima produzione ritrattistica funeraria dell’Egitto greco-romano fra il I ed il IV secolo d.C., quando il regno che era stato dei faraoni e poi dei Tolomei, è ormai una provincia dell’Impero Romano. Il nome antico del Fayyūm, la fertile regione a circa cento chilometri a sud del Cairo (FIG. 1), era Ta-She, cioè “il paese del lago”, lo stesso significato del copto Phiüm (da cui deriva la forma moderna) e del greco Limnì. In età romana è Moeris (o Moeridis) lacus.

Si tratta di rinvenimenti – inizialmente casuali, poi sempre più nell’ambito di campagne di scavo mirate – presso le necropoli dislocate lungo le oasi attorno al lago oggi detto di Qarun: er-Rubaiyat (l’antica Philadelphia) e Hawara, presso l’antica Crocodilopolis (Arsinoe sotto la dinastia lagide). Ma non le sole località: di identico segno stilistico, per gusto e caratteri, sono gli esemplari provenienti da altri siti archeologici, come Saqqarah o la più meridionale Antinoupolis, edificata da Adriano in memoria del suo favorito, e persino da Tebe nell’Alto Egitto. I nomi di queste mummie sono quelli dell’onomastica greca e i caratteri somatici sono quelli della nuova società dominante, fatta di mercanti, miliziani, latifondisti e matrone latine, vestiti e pettinati alla stessa moda di Atene o dell’Urbe.

FIG. 1 – Oasi del Fayyūm, da Atlante storico, De Agostini, Novara 1923

Quando i primi rinvenimenti del Fayyūm giungono in Europa in pieno clima neoclassico e comunque accademico, le maschere iconiche tardo-antiche non trovano la giusta rispondenza di gusto.

Esse non sono più egizie ma nemmeno pienamente greche; sono un ibrido che non interessa gli egittologi ma nemmeno i puristi ellenofili. Sono solo una curiosità da Wunderkammer.

Il Louvre acquisisce nel 1826 cinque tavole della collezione di sir Henry Salt, console generale d’Inghilterra giunto in Egitto nel 1816 (FIG. 2). E’ l’epoca in cui colonie di europei pullulano soprattutto al Cairo e ad Alessandria, dove archeologi dilettanti, collezionisti e mercanti d’arte, si danno alla caccia senza scrupoli del “pezzo” che sia il più bello ed integro possibile. Salt invia un giovane greco, Giovanni d’Athanasi, per reperire materiale archeologico nella Tebaide, da cui, appunto, provengono questi primi ritratti del museo parigino.

Ippolito Rosellini, padre dell’egittologia italiana, nel 1828 è in Egitto ed acquista il ritratto del Fayyūm, conosciuto come la Zenobia (FIG. 3), conservato al Museo Archeologico di Firenze.

Tra la fine dell’Ottocento e il primo decennio del nuovo secolo, si presentano quelle condizioni di storia, di ambiente, di stile, che permettono, in un misterioso disegno di strane affinità, l’identificazione fra un periodo e l’altro. Quello del Fayyūm è un mondo di doppia natura: un evo in dissoluzione ed un altro che fermenta per sostituirsi ad esso, in una miscellanea di generi umani (egizio, greco, romano), in una delicata fase di sincretismo e trapasso religioso.

Centinaia i ritratti funerari acquistati, a partire dal 1887, dal mercante viennese Theodor Graf, provenienti tutti da er-Rubaiyat (FIG. 4). Con l’intento di renderli noti per poi venderli, Graf ne organizza una mostra itinerante, toccando le principali città europee: Monaco, Parigi, Bruxelles, Londra, Berlino. In seguito alla mostra berlinese del 1888, comincia a circolare (contemporaneamente anche in lingua inglese) il primo catalogo di immagini della collezione del viennese.

Nel 1888, una spedizione britannica, facente capo all’archeologo W. M. Flinders Petrie, porta alla luce la necropoli di Hawara. Tornato a Londra, l’inglese allestisce una mostra all’Egyptian Hall di Piccadilly, in cui vengono esposti i ritratti funerari che ha potuto portare con sé (FIG. 5). Il rinvenimento, fino a quel momento, di ottanta ritratti ha, ormai, catalizzato del tutto la sua attenzione, spingendolo ad organizzare, negli anni successivi, nuove spedizioni.

Nel dicembre del 1910, infatti, l’egittologo è di nuovo a Hawara. Gli scavi portano alla luce ben settanta ritratti ed il Petrie torna in Inghilterra con trenta di essi.

I francesi non sono da meno: nel 1895 l’industriale francese Emile-Etienne Guimet, appassionato d’arte e di esoterismo, affascinato dal culto di Iside, richiede alla sovrintendenza archeologica del Cairo l’autorizzazione per degli scavi ad Antinoupolis, che cominciano nell’autunno del 1896. Capo della spedizione è l’archeologo Jean-Albert Gayet.

I risultati di queste campagne di scavo, esposti a Parigi nel 1898, formano il primo nucleo della collezione del museo Guimet.

I ritratti suscitano interesse e meraviglia tanto fra gli studiosi quanto fra il grande pubblico. Il celeberrimo Tondo dei due fratelli (rinvenuto nell’inverno 1898-99), dopo essere stato esposto all’Esposizione Universale di Parigi (1900), tornerà alle autorità egiziane e si trova al museo del Cairo (FIG. 6).

Nel 1908 viene organizzata una seconda mostra al museo Guimet durante la quale vengono esibiti i ritratti rinvenuti nella quarta fase di scavi (1900-1901). I visitatori si mettono in fila per ammirare la Donna con ankh che poi passerà al Louvre, come la maggior parte dei ritratti rinvenuti in questa zona (FIG. 7).

Anche il sudario femminile dei Musei Vaticani fa parte dei rinvenimenti del Gayet ad Antinoupolis ed è stato donato dal Guimet a papa Pio X nel 1903 (FIGG. 8 e 9).

Si trova nella sala II del Museo Gregoriano Egizio. Sino al 1939 era esposto nell’Emiciclo, sistemato entro un sarcofago. Dopo un accurato e paziente restauro, è stato srotolato tra due lastre di cristallo, secondo più aggiornati criteri museografici.

Cfr. O. Marucchi, Di una copertura di mummia proveniente dalla necropoli di Antinoe ed ora nel Museo Egizio Vaticano, Roma 1906, p. 3, in “Dissertazioni della Pontificia Accademia di Archeologia”, serie II, t. IX, Roma 1907, pp. 353-376.

Recente acquisto nella collezione egizia dei Musei Vaticani è una tavola con ritratto maschile del IV secolo, lascito del celebre critico d’arte Federico Zeri, scomparso nel 1998 (FIG. 10).

Di provenienza ignota, risulta a Roma nel 1912, presso la collezione del conte Gregor Stroganoff, cfr. L. Pollak, A. Muñoz, Pièces de choix de la Coll. du Comte Gr. Stroganoff à Rome,I, 1912, p. 80, tav. 48.

Fra gli altri pezzi oggi rintracciabili in Italia vanno citati i ritratti della collezione Vitali, da lui acquistati negli anni Trenta ed ereditati dalla Pinacoteca di Brera a Milano (FIG. 11); e l’esemplare di Torino, in quello che è ritenuto, dopo il Cairo, il museo d’arte egizia più importante al mondo (FIG. 12). Nel 2004 la fondazione piemontese si è arricchita di un altro pezzo su tavola lignea (FIGG. 15, 16), di età romana.

Le collezioni Mavroidis e Dimitriou conservate al Museo Archeologico Nazionale di Atene provengono dagli acquisti di questi ricchi mercanti greci residenti ad Alessandria sul finire dell’800 (FIG. 13). Anche il facoltoso possidente di Costantinopoli, Adonis Benakis, si recherà più volte al Cairo (fra gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso) per acquistare i ritratti del Fayyūm, che per i greci del periodo rappresentano l’antefatto alle icone ortodosse e costituiranno il nucleo iniziale dell’odierno museo di arte bizantina Benaki, nella capitale greca (FIG. 14).

Sono visi di autentici greci e romani, con chitoni, pepli o toghe, protetti da falconi e da sciacalli come veri egiziani, i cui sguardi sembrano interrogarci da un non-luogo senza tempo. E raccontano di un Egitto cui non eravamo abituati, dove il mito di Osiride si mescola a quello di Orfeo, e dove Hermes psicopompo accompagna l’anima del defunto dinanzi al giudizio di Thot.

Immagini destinate all’aldilà e alla sfera del non visibile, impudicamente vengono palesate dai predatori di tombe al nostro mondo di vivi.

FIG. 2 – Parigi, Louvre (coll. Salt)

FIG. 3 – Firenze, Museo Archeologico (coll. Rosellini)

FIG. 4 – Berlino, Musei Statali (coll. Graf)

FIG. 5 – Londra, British Museum (scavi del Petrie)

FIG. 6 Cairo, Museo Archeologico (scavi del Gayet)

FIG. 7 – Parigi, Louvre (coll. Guimet)

FIG. 8 – Roma, Musei Vaticani (donaz. Guimet)

FIG. 9 – Roma, particolare della dama ai Vaticani

FIG. 10 – Roma, Musei Vaticani (lascito Zeri)

FIG. 11 – Milano, Brera (collezione Lamberto Vitali) encausto su sfoglia di legno

FIG. 12 – Torino, Egizio

FIG. 13 – Atene, Museo Archeologico

FIG. 14 – Atene, Museo Benaki

FIG. 15 – Museo Egizio di Torino, vetrina nella sala dei reperti di epoca romana. La tavola al centro è acquisto del 2004

FIG. 16 – Torino, Egizio, figura maschile togata, II-III sec.

Catalogo Roma 1911, p. 146

FIG. 17 – Catalogo della mostra archeologica nelle Terme di Dicoleziano, Roma 1911. Ritratti funerari del Fayyūm oggi al Museo greco-romano di Alessandria d’Egitto

Museo greco-romano di Alessandria d’Egitto: schede museali delle due mummie con ritratti maschili su scorza lignea. Sono quelli esposti alla mostra di Roma nel 1911

FIG. 18 – Museo greco-romano di Alessandria d’Egitto

FIG. 18 bis – Museo greco-romano di Alessandria d’Egitto

FIG. 19 – Il nuovo allestimento nel Museo greco-romano di Alessandria

Catalogo Roma 1911, p. 147

FIG. 20 – Catalogo della mostra archeologica nelle Terme di Dicoleziano, Roma 1911. Ritratti funerari del Fayyūm oggi al Metropolian di New York

Nel 1911, in occasione del cinquantesimo dell’Unità d’Italia, Rodolfo Lanciani organizzò alle Terme di Diocleziano una grande esposizione archeologica sulla romanità, e nel catalogo di corredo alla mostra sono riprodotti questi ritratti del Fayyūm a testimonianza della ritrattistica egizia del periodo imperiale (FIGG. 17 e 20), per la prima volta presentati in Italia in modo organico in un contesto museale. In FIG. 18 e 18 bis le due mummie di p. 146 del catalogo del 1911, conservate ad Alessandria d’Egitto nel nuovo allestimento (FIG. 19), dopo ben 18 anni di chiusura per ristrutturazione. In FIG. 21 e FIG. 22 i ritratti maschile e femminile riprodotti a p. 147, conservati al Met di New York. Nel testo della pubblicazione si citano otto ritratti su tela già della collezione Graf ora nella metropoli statunitense; due dal museo di Alessandria d’Egitto; sei dalla National Gallery di Londra; tre dal Museo Centrale di Ginevra; tre dalla raccolta Hertz di Roma.

FIG. 21: riratto maschile di età romana, Metropolitan Museum, New York

FIG. 22: ritratto femminile di età romana, Metropolitan Museum, New York

Nel secolo scorso, gli artisti fra le due guerre, specificatamente quelli del Ritorno all’Ordine, hanno avuto occasione di trarre ispirazione da quella nuova categoria estetica rappresentata dalla ritrattistica del Fayyum che si stava diffondendo in Europa. Alla ieraticità malinconica da icona prebizantina dei sudari egiziani hanno attinto pittori di diversa estrazione, ciascuno con il proprio accento lirico, ma accomunati da quell’idem sentire di un meticciato culturale apolide che presto dovrà fare i conti con le devastanti certezze dettate dai nascenti assolutismi del Vecchio Continente.

Da Matisse a Derain e da Modigliani a Bérard in ambiente francese; da Severini a Campigli, da Colacicchi a Levi o dall’esoterico Cavalli a Tamburi in Italia, nel loro repertorio fra gli anni Venti e Quaranta, è possibile ritrovare una sorta di ramificazione sottocutanea che li rende consanguinei di quel melting pot del Tardo Antico sviluppatosi sulle rive del Nilo.

Henri Matisse (Le Cateau Cambrésis 1869-Nizza 1954): ritratti di Laurette (1917)

André Derain (Chatou 1880-Garches 1954): ritratti di Zborowski e di Madame Carco (1923)

Amedeo Modigliani (Livorno 1884-Parigi 1920): ritratti di Manuel Humbert e di Lisabeth Fuss (1916)

Christian Bérard (Parigi 1902-1949): ritratto di Cocteau (1928) e del pittore Dupont (1930)

Gino Severini (Cortona 1883-Parigi 1966): ritratto della figlia Gina (1934); ragazza di Olevano (1940)

Massimo Campigli (Berlino 1895-Saint Tropez 1971): ritratto di Joella Levi (1931) e della moglie Giuditta (1944)

Giovanni Colacicchi (Anagni 1900-Firenze 1992): ritratto di ragazzo (1930c.) e della moglie Flavia (1935)

Carlo Levi (Torino 1902-Roma 1975): ritratto di Arturo Tosi (1937) e autoritratto del 1938

Emanuele Cavalli (Lucera 1904-Firenze 1981), ritratti maschili, 1938-1939

Orfeo Tamburi (Jesi 1910-Ermont, Francia 1994): ritrattistica dei primi anni ’40

La figuratività bizantina è stata sovente letta come esito fisiologico di questa singolare tipologia pittorica nata sulle rive del Nilo greco-romano. La generazione di pittori nella Grecia degli Anni Trenta, che di Costantinopoli si reputava orfana, non poteva non approcciarsi alla ritrattistica del Fayyūm come a beni di famiglia, quasi per diritto di primogenitura. I nomi più rappresentativi sono quelli di Kòndoglou, Trsaroùchis, Pappàs, Mòralis i quali avevano personalmente studiato quelle tavolette di sicomoro, quei brandelli di lino e quegli sguardi provenienti direttamente dalle lande di Anubi.

Fotis Kondoglou (Ayvalik 1895-Atene 1965): ritratto femminile del 1928 ed autoritratto del 1934

Yannis Tsarouchis (Pireo 1910-Atene 1989): ritratto di giovane (1941); Erotokritos (1955)

Yannis Pappàs (Costantinopoli 1913-Atene 2005: ritratto di ragazzo egiziano risalente al periodo in cui viveva ad Alessandria (1949c.); ritratto maschile del 1955

Yannis Moralis (Arta 1916-Atene 2009): ritratti femminili del 1941 e del 1949

“Saxa loquuntur” sostiene Sigmund Freud in merito all’archeologia, scienza molto amata dal padre della psicoanalisi che costruisce un parallelo analogico fra le due scienze: come l’archeologo che scava e interroga le pietre per ricostruire il passato, così il Viennese si cala nelle profondità della psiche per portare in superficie l’inconscio. Lo aveva detto in occasione di una conferenza del 1896.

Il suo studio viennese era tappezzato di quadri, tappeti, oggetti d’arte; tra questi notiamo appesa alla parete, dietro al fatidico lettino, proprio una tavoletta del Fayyum ritraente una figura maschile con toga.

Ne aveva ben due, acquistate dalla collezione dell’antiquario Theodor Graf e quando Freud nel 1938 si rifugerà a Londra i reperti viaggeranno con lui. Oggi si trovano infatti nel sua casa-museo della capitale britannica.

In alto: lo studio di Freud a Vienna. A destra: ritratti del Fayyūm che lo psicoanalista aveva acquistato da T. Graf

Renato Santoro, 19 ottobre 2023

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