Tempietto egizio al Verano di Roma

Percorrendo i viali – in verità trascurati e in stato di avvilente abbandono –  del Campo Verano, il cimitero monumentale di Roma dove periodicamente vado a far visita ai miei cari estinti, l’altro giorno mi sono trovato a ripassare davanti al cosiddetto “tempietto egizio”. Nella toponomastica interna del camposanto questo quadrante che volge in direzione dell’uscita verso la Stazione Tiburtina è detto “via del tempietto egizio”. Mi aveva sempre incuriosito sin da bambino, perché infiammava la mia fantasia di egittomane in erba, per le sue forme da messinscena dell’Aida.

tempio egizio al verano

angolo egizio

tempiettoegizio

 

TEMPIETTO 2

In realtà l’aspetto è quello dei mammisi* o dei templi funerari di età tarda e tolemaica, come se ne trovano molti lungo il Nilo, la cui tipologia è esemplificata da episodi architettonici ben conosciuti: la tomba di Petosiris a Tuna el Gebel, i templi di Edfu e Kalabsha o quello di Thot a Pselchis.  Scoperta da Gustave Lefebvre nel 1919-1920 la tomba di famiglia di Petosiris, gran sacerdote di Thot (fine del IV secolo a.C.) è modulata, in scala ridotta,  sulla falsariga dello schema templare egizio con pronao e cappella a tre campate. Ben più imponente il santuario di Horus a Edfu, uno dei meglio conservati tra quelli giunti sino a noi, la cui costruzione si protrae dal regno di Tolomeo III a quello di Tolomeo XII (III-I sec. a.C.). Kalabsha è il nome arabo dell’antica Talmis, dove sorgeva il tempio dedicato a Mandulis, divinità del sud assimilabile ad Horus, risalente al periodo degli ultimi sovrani lagidi e completato in età romana. Scendendo ancora più a sud, il tempio di Thot a Pselchis, una delle ultime postazioni della frontiera nubiana, è stato smontato e ricostruito su un isolotto del Lago Nasser.

* Termine di derivazione copta, invalso con Champllion,  che designa la cosiddetta “casa di nascita” del dio ed è un piccolo edificio di culto innalzato a fianco del tempio principale, nel recinto sacro del complesso templare

petosirisTomba di Petosiris a Tuna el Gebel

edfuTempio di Horus a Edfu

mammisi di edfuMammisi di Edfu

talmis kalabshaTempio di Mandulis a Kalabsha

tempio di thot a pselchisTempio di Thot a Pselchis (Lago Nasser)

Quello del Verano è dunque una esercitazione stilistica più scenografica che architettonica, collocabile – non essendo documentata la datazione –   tra la fine del XIX secolo e i primi del Novecento. Il lasso dei lavori è infatti compreso fra il 1880 ed il 1906, quando si licenziarono le opere per il reparto israelitico e acattolico, per il forno crematorio, appunto, e le autopsie. La fotografia conservata presso l’Archivio Storico Capitolino, scattata durante i lavori di ultimazione, è senza data. Sappiamo però che negli anni Trenta del secolo scorso era completato e veniva usato come camera di incinerazione: è infatti qui che Luigi Pirandello fu cremato. A questo proposito è assai singolare, perlomeno precorritrice sui tempi, la disposizione testamentaria del grande autore siciliano, nostro vanto nazionale e vincitore di un premio Nobel per la letteratura. Sono estremamente significative – e illuminanti del suo sentire – le ultime volontà da lui vergate a mano su un semplice foglio.

Sia lasciata passare in silenzio la mia morte. Agli amici, ai nemici preghiera non che di parlarne sui giornali, ma di non farne pur cenno. Né annunzi né partecipazioni. Morto, non mi si vesta. Mi s’avvolga, nudo, in un lenzuolo. E niente fiori sul letto e nessun cero acceso. Carro d’infima classe, quello dei poveri. Nudo. E nessuno m’accompagni, né parenti, né amici. Il carro, il cavallo, il cocchiere e basta. Bruciatemi. E il mio corpo appena arso, sia lasciato disperdere; perché niente, neppure la cenere, vorrei avanzasse di me. Ma se questo non si può fare sia l’urna cineraria portata in Sicilia e murata in qualche rozza pietra nella campagna di Girgenti, dove nacqui.”

Lo scrittore muore a Roma, a causa di una polmonite, il 10 dicembre del 1936. Il regime fascista vorrebbe appropriarsene per un funerale in pompa magna ma i familiari di Pirandello danno seguito alle sue prescrizioni. Verrà infatti cremato presso il tempietto egizio del Verano e qui fu conservata l’urna con le sue ceneri per ben undici anni. All’epoca la chiesa cattolica osteggiava fortemente l’incinerazione ed anche legalmente la dispersione delle ceneri non era consentita. Si dovette aspettare la fine della guerra e soltanto nel 1947 fu possibile procedere con la traslazione sino a Girgenti, che nel frattempo era diventata Agrigento.

tempietto egizio archivio storico capitolinoIl tempietto egizio durante i lavori di costruzione (1880-1906c.)

Il campo Verano è così detto perché nell’antichità qui si estendevano i possedimenti terrieri dell’imperatore Lucio Vero (II secolo dell’era volgare), l’Ager Veranus. Al tempo di papa Pio IX, alla metà dell’Ottocento, il luogo fu scelto per impiantarvi il grande e moderno cimitero della Capitale della Cristianità, al di fuori della cinta urbana in ossequio all’editto di Saint Cloud di foscoliana memoria.

arch. Renato Santoro, Roma, 30 maggio 2017

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