ITINERARIO NEI NOMOI DELL’ALTO E DEL BASSO EGITTO

I distretti amministrativi, per gli egizi hesep (o sepat), in epoca tolemaica vengono chiamati alla greca nomòi e il nomarca ne è il capo, delegato dall’autorità centrale. I 22 nomòi dell’Alto Egitto (con emblema la pianta di loto), si snodano lungo il Nilo da sud verso nord – perché è la direttrice del fiume a dettarne l’enumerazione (sicché il primo nomòs è quello più meridionale – e ciascun dipartimento ha un’estensione mediamente compresa fra i 30 e i 40 chilometri. Ripercorriamone allora l’elenco, ruotando la mappa del Paese di 180 gradi, come se navigassimo seguendo la corrente del sacro Hapi, il nume fluviale che, secondo la mitologia egizia, aveva la sua dimora natale proprio nel primo distretto dell’Alto Egitto, presso la prima cateratta. Di ogni nomòs viene indicato il capoluogo con il toponimo originario egizio accanto a quello del vocabolario greco-romano; e la corrispondenza – talora non senza qualche incertezza identificativa – con il sito arabo attuale; tra parentesi altri centri notevoli nella medesima circoscrizione.

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IN ALTO: Udjat, l’occhio di Horus (doppio tempio di Sobek e Haroeris, Kom Ombo)

Obbedivano alla corona bianca, hedjet, dell’Egitto meridionale le nomarchie dal confine nubiano sino all’oasi del Fayyūm di seguito elencate.

I nomòs Ombites (o Nubia):

Ibw, ELEPHANTINE/SYENE, Assuan; (OMBOI, Kom Ombo)

II nomòs Apollinopolites:

Djeb, APOLLINOPOLIS MAIOR, Edfu

III nomòs Latopolites:

Iunet, LATOPOLIS, Esna; (HIERAKONPOLIS; EILEITHYASPOLIS)

IV nomòs Perì Thebas:

Waset, DIOSPOLIS MAGNA, Tebe; (HERMONTHIS, Armant)

V nomòs Koptites:

Gebtu, KOPTÒS, Qift

VI nomòs Tentyrites:

Ta-ynt-netert, TENTYRIS, Dendera

VII nomòs Diospolites Mikròs:

Het-Sekhem, DIOSPOLIS PARVA, Hu

VIII nomòs Thinites:

Abdu, ÀBYDOS, Arabet el Madfuneh; (THIS o THINIS)

IX nomòs Panopolites:

Ipu, PANOPOLIS, Akhmim

X nomòs Antaeopolites:

Tjebu, ANTAEOPOLIS, Gaou el-Kebir

XI nomòs Hypselites:

Shas-Hotep, HYPSELIS, Shodb

XII nomòs Hierakonpolites:

Per-‘Nty, HIERAKON, el-Atawla

XIII nomòs Lykopolites Superior:

Siut, LYKOPOLIS, Asyūt

XIV nomòs Lykopolites Inferior (o Cusae):

Qis, CUSAE, el-Kusiyeh

XV nomòs Hermoupolites:

Khemenu, HERMOUPOLIS MAGNA, Ashmunein

XVI nomòs Ibiou:

Hiben, IBIUM, Zawiyet el-Maiytin; (ANTINOE)

XVII nomòs Kynopolites:

Hardai, KYNOPOLIS, el-Kes

XVIII nomòs Ankyropolites:

Het-benu, HIPPONON, el-Hibeh; (ANKYRONPOLIS)

XIX nomòs Oxyrinchites:

Per-Medjed, OXYRHINCHOS, Behnesh

XX nomòs Herakleopolites:

Hwt-nen-nesu, HERAKLEOPOLIS MAGNA, Beni Suef

XXI nomòs Arsinoites (o Nilopolites):

Persobek, CROCODILOPOLIS, Fayyūm

XXII nomòs Aphroditopolites:

Tep-Ihu, APHRODITOPOLIS, Atfieh

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Il Basso Egitto (simboleggiato dal papiro) riuniva sotto la corona rossa, deshret, i 20 fertili distretti, sparsi lungo le ramificazioni fluviali del Delta, ad alta densità abitativa durante l’età tardo-antica. Alessandria, capitale della diadochia tolemaica sorta sull’antico borgo di Raqote nel III nomòs “d’occidente”, compendiava in sé i due regni, così come la doppia corona – il tradizionale pschent – sul capo dei nuovi sovrani venuti dalla Macedonia, alla maniera degli antichi faraoni, simboleggiava l’unificazione del territorio. I capoluoghi dei nomòi sono elencati nelle diciture egizia, greco-romana e odierna, come congetturate dalle diverse fonti manualistiche o dai geografi antichi (Strabone, Plinio, Claudio Tolomeo), pur se a volte lacunose o tra loro contraddittorie[1] (non solo nella trascrizione fonetica); tra parentesi, le città di rilievo nell’ambito di uno stesso dipartimento territoriale.

I nomòs Memphites:

Mennefer, MEMPHIS, Mit Rahina

II nomòs Letopolites:

Se-Khem, LETOPOLIS, Ausim

III nomòs Libya:

Raqote, ALEXANDRIA, al-Iskandarija; (MAREA; APIS: NAUKRATIS)

IV nomòs Prosopites:

Paari-Sheps, PROSOPIS, Shebshir

V nomòs Saites (o Kabasites):

Sau, SAIS, Sa al-Hagar; (KABASA)

VI nomòs Xoites (o Gynaikopolites):

Khaset, XOIS, Sakha; (GYNAIKOPOLIS)

VII nomòs Metelites:

Per-Ha-Neb-Iment, METELIS, Tell el-Nigili; (MENELAÌS; BOUTOS)

VIII nomò Heroopolites:

Peratum, PATOUMOS/HEROOPOLIS, Tell al-Maskhuta

IX nomòs Bousirites:

Per-Uzir, BOUSIRIS, Abusir

X nomòs Athribites:

Hut-herib, ATHRIBIS, Tell Atrib;

XI nomòs Pharbaitites (o Leontopolites):

Hesbe, PHARBAITOS,  Harbet; (LEONTOPOLIS)

XII nomòs Sebennytes (o Onuphites):

Djebnetjer, SEBENNYTOS, Samanud; (ONUPHIS)

XIII nomòs Heliopolites:

Iunu, HELIOPOLIS, Matariya

XIV nomòs Sethroites:

Tjaru, SILAE, Tell Abu Seifa; (SETHROE; DAPHNAI; PELUSIUM)

XV nomòs Hermoupolites:

Per-Djehuty, HERMOUPOLIS PARVA , Tell el-Naqous

XVI nomòs Mendesios:

Per-Ba-neb-Djedet, MENDES, Tell Amdid

XVII nomòs Diospolites Kato:

Pakhen-Amon, DIOSPOLIS INFERIOR, Tell el-Balamun

XVIII nomòs Boubastites:

Per-Bast, BOUBASTIS, Tell Bast

XIX nomòs Tanites:

Djanet, TANIS, San el Hagar; (AVARIS; PIRAMESSES)

XX nomòs Arabia:

Pa-Kes, PHAKOUSA, Faqous

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Dalla doppia corona si levano protettive le teste di Nekhbet e Uadjet, l’avvoltoio ed il cobra, divinità tutelari del sud e del nord. La prima è signora di Nekheb (Eileithiaspolis), in sembianze di rapace del deserto che dell’Alto Egitto è animale simbolo; l’altra, sotto l’aspetto di serpente, ha la sua dimora nel Delta verdeggiante (PaUadjet=Buto), e del Basso Egitto è patrona. Quegli stessi copricapi che vedemmo sulle teste di Thutmosis, Amenophis o Ramesse, i grandi faraoni del Nuovo Regno, torneranno a cingere le bionde chiome di re stranieri venuti d’oltremare. Sovrani macedoni e romani si atteggeranno a figli di Amon e si faranno ritrarre con l’heqa e il nehkhek, lo scettro ricurvo ed il flagello, insegne della regalità egizia.

L’Egitto della decadenza è un luogo dello spirito, dove il forestiero che parla in greco – ma si allena a pensare in egiziano – si mescola con i nativi che parlano in egiziano e cominciano a pensare in greco. Da questo crogiuolo culturale nasceranno nuovi dei (da Serapide al Trismegisto), nuove filosofie teologiche (dal Corpus Hermeticum a Plotino), scuole di erudizione di cui Orapollo è sintesi; da tutto ciò fermenterà un mondo nuovo e la consapevolezza che i conti con il passato non si possono mai archiviare del tutto; perché il presente è solo un ponte gettato tra i tempi andati e quelli a venire.

Un Paese che ha fatto dell’eternità – immutabile come lo scorrere lento del suo fiume sacro, come il sole inchiodato al centro di un cielo di lapislazzuli, come il fluire cosmico dell’ouroboros nei misteri iniziatici – il proprio vessillo mentale ed estetico, ha saputo affinare il ragionar sottile e lo stesso linguaggio. Al punto che il dizionario degli scribi ha sdoppiato la parola “eternità” in due differenti vocaboli che non sono sinonimi tra loro ma distinte percezioni della dualità di un medesimo concetto. Neheh e djet – l’infinito del tempo ciclico e l’infinito del tempo lineare – sono, rispettivamente, proiezioni di Ra e di Osiride, dunque gli aspetti diurno e notturno, discontinuo e continuo, dei ritmi metastorici[2], intuizione trascendente delle oscillazioni spazio-temporali che ritroveremo in Nietzsche e nel suo eterno ritorno dell’uguale.

“E queste cose non avvennero mai, ma sono sempre: l’intelligenza le vede tutte assieme in un istante”[3]

arch. Renato Santoro – Roma, 26 settembre 2015

NOTE E BIBLIOGRAFIA

[1] Cfr. J. De Rougé, Monnaies des Nomes de l’Egypte, Paris 1873; H. Brugsch, Dictionnaire géographique de l’ancienne Égypte, Leipzig 1879; J. De Rougé, Geographie ancienne de la Basse-Egypte, Paris 1891; J. Dümichen, op. cit., tavv. I-IX, Leipzig 1894; A.H. Sayce, The Egypt of the Hebrews and Herodotus, London 1895, pp. 318-325; W.M. Flinders Petrie, The Nomes of Egypt, in AA.VV., Historical Studies, vol. II, British School of Archaeology in Egypt, London 1911, pp. 22-29 e tavv. VII-X;  F. Cimmino, Egitto Antico, in Dizionario enciclopedico di architettura e urbanistica, v. II, p. 236, Roma 1968; F.A. Arborio Mella, L’Egitto dei faraoni, [1976], Milano2005, appendice; G. Hart, Dictionary of Egyptians Gods and Goddesses, [1986], Abingdon 2005, pp. 103-109

[2] F. Dunand, C. Zivie-Coche, Dei e uomini nell’Egitto antico (3000 a.C.-395 d.C.), Roma 2003, pp. 91-93

[3] Cfr. Salustio, Sugli dei e il mondo, Milano 2000, capo IV, par. 8. Filosofo latino di lingua greca del IV sec. d.C., assai caro all’imperatore Giuliano, Salustius o Salutius – da non confondere dunque con lo storico romano Sallustio – scrive questo breviario filosofico di neoplatonismo paganeggiante, in tempi in cui il trionfo del cristianesimo è ormai storia. La celeberrima frase tratta da Perì theòn kai kòsmou, diviene suggello di un’epoca al suo tramonto ed è paradigmatica di quell’Egitto declinante. Il Paese delle cento divinità aveva saputo e potuto coniugarsi con gli dei di Atene o di Roma; altrettanto non riuscirà a fare con le nuove religioni alle porte: né con il cristianesimo né, subito dopo, con l’islamismo

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