PIRANDELLO TEOSOFO NELLA BIBLIOTECA DI CASA PALEARI

Che Luigi Pirandello avesse una acceso interesse ed inclinazione per esoterismo e occultismo è notoriamente palesato dai suoi scritti, nei quali con ricorrente frequenza fa cenno a testi di teosofia, a superstizioni magiche, a sedute spiritiche, al Rito Scozzese. Per questo si è spesso ventilata una sua adesione a qualche circolo iniziatico o magari alla libera muratoria. Negli anni a cavallo tra Otto e Novecento non sono pochi i letterati del nostro panorama letterario che si consociarono alla massoneria, dal mite Pascoli al sulfureo Carducci, dall’edificante Collodi all’immaginifico D’Annunzio. Pur non avendo riscontri diretti dell’affiliazione del grande drammaturgo “girgentino” all’istituzione, sono stati raccolti (cfr. Elio Providenti, Luigi Pirandello. Lettere giovanili da Palermo e da Roma 1886-1889, Bulzoni, Roma 1993; Pirandello impolitico, in “Belfagor” n. 309, 1997 e Salerno Editore, Roma 2000; Colloqui con Pirandello, Polistampa, Firenze 2004) numerosi indizi di sue frequentazioni, sin da giovane a Palermo e poi negli anni romani, con parenti e amici massoni. Si sospetta che massone fosse il padre Stefano, acceso garibaldino e anticlericale, e di sicuro lo era lo zio materno Rocco Ricci Gramitto (cui era molto legato). In una lettera all’amico Giovanni Cadolini, massone, Pirandello racconta di aver partecipato ad un’agape fraterna nel capoluogo siciliano e in un’altra lettera parla di una riunione conviviale offerta a sodali venuti a Roma dall’Isola appositamente per l’inaugurazione del monumento a Giordano Bruno nel 1889. Poiché il filosofo Nolano è stato adottato dalla Massoneria come vessillo del libero pensiero e la statua che svetta sulle bancarelle di Campo de’ Fiori è opera dello scultore Ettore Ferrari, che fu Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, elementi per subodorare qualcosa di più che una semplice curiosità da parte dello scrittore nei confronti delle attività di loggia non mancano. Certo non è un caso che in Liguria gli sia stata intestata l’officina Luigi Pirandello n. 762 all’Oriente di Albenga.

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IN ALTO: “L’illustrazione italiana” nell’edizione del 16 giugno 1889 dà notizia del monumento a Giordano Bruno, inaugurato a Campo de’ Fiori il 9 giugno di quell’anno; di seguito: il giovane Pirandello

Nell’opera di Pirandello, sia narrativa che teatrale, sono stati sparpagliati in modo apparentemente occasionale – e scovati come tracce indiziarie – elementi probatori di come la sua conoscenza della materia non fosse un mero vezzo letterario ma celasse un velato coinvolgimento.

Nella novella I fortunati (Tonache di Montelusa), pubblicata nell’agosto del 1911 su “Rassegna Contemporanea”, Pirandello introduce en passant l’ingegner Franci e nel descriverlo si chiede con artefatto stupore: “Ma come? Un massone? Un trentatré? Sissignori, anche lui”.

Il trentatreesimo è il grado più elevato nella scala del Rito Scozzese, cui si accede dopo aver conseguito il titolo di “maestro” nella massoneria azzurra.

Nell’appartamento romano di Rocco Ricci Gramitto, frequentata da “confratelli muratori” dello zio e da medium, il giovane Luigi – che con il fratello della madre Caterina aveva un forte legame “empatico” sin dall’infanzia – viene a contatto diretto con gli ambienti degli esoteristi e con lo spiritismo.

Emblematica rimane la seduta spiritica descritta nel salotto Paleari de “Il fu Mattia Pascal”, occasione rivelatasi provvidenziale per Adriano Meis (alias Mattia) al fine di baciare nell’oscurità l’amata Adriana Paleari. Il buio in cui è immersa la seduta spiritica però offrirà il destro a Terenzio Papiano per rubare il denaro (ben 12 mila lire!) dalle tasche del distratto innamorato. L’arguta e graffiante ironia del Girgentino (non dimentichiamo il suo illuminante saggio L’umorismo) è sempre in agguato.

Pirandello così descrive l’evento: “Il tavolino scricchiolava, si moveva, parlava con picchi sodi o lievi;  altri picchi s’udivano su le cartelle delle nostre seggiole e, or qua or là, su i mobili della camera, e raspamenti, strascichi e altri rumori; strane luci fosforiche, come fuochi fatui,  si accendevano nell’aria per un tratto, vagolando, e anche il lenzuolo si rischiarava e si gonfiava come una vela; e un tavolinetto porta-sigari si fece parecchie passeggiatine per la camera e una volta finanche balzò sul tavolino intorno al quale sedevamo in catena; e la chitarra come se avesse messo le ali, volò dal cassettone su cui era posata e venne a strimpellar su noi..”  (L. Pirandello, Il fu Mattia Pascal, BMM, Milano 1921, cap. XIV, p. 214).

L’interesse di Pirandello per il paranormale e in particolare per lo spiritismo trova spazio nella novella La casa di Granella (“Il Marzocco, agosto 1905), una casa infestata dai fantasmi in cui interviene l’avv. Zummo, presentato al lettore come come appassionato di occultismo e avido lettore di testi sulla materia: da Jaccoliot a Crookes, da Wagner ad Aksakov, da Gibier a Zoellner, da Janet a de Rochas, da Richet a Morselli. Questo nutrito elenco la dice lunga sulla competenza dello scrittore.

Gli fa compagnia il professor Dionisio Vernoni, personaggio della novella Dal naso al cielo il quale “attaccò subito col suo solito fervore; e cominciò a parlare di occultismo e di medianismo, di telepatia e di premonizioni, di apporti e di materializzazioni: e agli occhi de’ suoi ascoltatori sbalorditi popolò di meraviglie e di fantasie la terra che l’orgoglio umano imbecille ritiene abitata soltanto dagli uomini e da quelle poche bestie che l’uomo conosce e di cui si serve. Madornale errore! Vivono, vivono su la terra di vita naturale, naturalissima al pari della nostra…” (“Il Marzocco”, aprile 1907).

 Il fu Mattia Pascal ci introduce a piè sospinto nel mondo dello svagato Anselmo Paleari e nella sua ghiotta biblioteca, nei cui scaffali sono allineati i libri allora più in voga della teosofia europea e che Pirandello si cura diligentemente di elencare: La Mort et l’au delà,  L’homme et ses corps, Les sept principes de l’homme, Karma, La clef de la Théosophie, ABC de la Théosophie, La doctrine secrète, Le Plan Astral.

Sapientemente ne tace gli autori, quasi a voler solleticare il lettore a proseguire individualmente la ricerca ed imbattersi così in personalità ambigue e intriganti quali Madame Blavatskaya, i coniugi Leadbeater, Theophile Pascal. Riguardo a quest’ultimo Giovanni Macchia (G. Macchia, Pirandello o la stanza della tortura, Mondadori, Milano 1981) ha sottolineato la non casuale omonimia con il Mattia del romanzo pirandelliano.

Sono titoli che compaiono nei cataloghi delle Publications de la Societé Théosophique edite a Parigi nella traduzione francese degli originali in lingua inglese.

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IN ALTO: i coniugi Annie Besant e Charles Webster Leadbeater

La mort et l’au delà (Paris 1896), L’homme et ses corps (Paris 1896), Karma (London 1895) si devono ad Annie Besant (1847-1933) moglie di Charles Webster Leadbeater (1854-1934), entrambi britannici, veri e propri guru della teosofia che gli adepti chiamani con reverenza “mahatma”. Il Leadbeater, considerato dai discepoli un chiaroveggente, è autore di Le Plan Astral (The Astral Plane, London 1895), nel quale descrive il primo piano metafisico extracorporeo.

La clef de la Théosophie, versione di The Key to Theosophy (London 1889) e La doctrine secrète, versione di The Secret Doctrine, The Synthesis of Science, Religion and Philosophy  (2 voll., New York1888) sono i titoli che riconducono all’anima stessa della dottrina teosofica, la medium ucraina Yelèna Petrovna Blavatskaya von Hahn (1831-1891), un personaggio divenuto leggendario negli ambienti del paranormale. Alla sua morte la conduzione della Società Teosofica è affidata al Leadbeater.

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IN ALTO: Yelèna Petrovna Blavatskaya in un ritratto giovanile assieme alla madre; di seguito: in una foto in età matura

Les sept principes de l’homme ou sa constitution occulte d’après la Théosophie (Paris, 1896) e ABC de la Théosophie (Paris 1896) portano la firma del francese Theophile Pascal (1860-1909).

Il XVII e penultimo capitolo de Il fu Mattia Pascal ha un titolo – Reincarnazione – che sembra preso in prestito dalla sterminata bibliografia dei coniugi Leadbeater.

Del resto il debito nei confronti de Il piano astrale non è di poco conto. Nella prima stesura del romanzo, infatti, apparsa nel 1904 su “Nuova Antologia”, all’inizio del V capitolo (Maturazione) Pirandello si dilunga in considerazioni (che saranno stornate già nell’edizione Treves del 1910) di carattere teosofico e sicuramente suggestionate dalla prosa ampollosa di Charles Webster Leadbeater, anche se del suo nome non si fa citazione. “Ho letto testé in un libro” scrive Pirandello mutuando le proprie letture con quelle del protagonista del romanzo “che i pensieri e i desiderii nostri s’incorporano in un essenza plastica, nel mondo invisibile che ne circonda, e tosto vi si modellano in forma di essere viventi, la cui apparenza corrisponde all’intima loro natura. E questi esseri, non appena formati, non sono più sotto il dominio di chi li ha generati, ma godono d’una lor propria vita, la cui durata dipende dall’intensità del pensiero o del desiderio generatore. Per fortuna, i pensieri della maggior parte egli uomini son così vaghi e indeterminati, che gli esseri che ne risultano han labilissima vita e momentanea: bolle di sapone. Ma un pensiero che spesso si riproduca o un desiderio vivo e costante formano un essere che può vivere anche parecchi giorni”.

E’ questa un dichiarata parafrasi del concetto teosofico di forma-pensiero che sarà poi sviluppato da Arthur E. Powell (1882-1969), cresciuto alla scuola dei Leadbeater e assai noto nell’ambiente martinista.

Il Nostro è rimasto vivamente impressionato  da “Cette classe, la plus nombreuse des entités astrales, est aussi de beaucoup la plus importante pour l’homme: étant exclusivement sa propre création, elle tient à lui par les liens karmiquos les plus étroits et son action sur lui est continuelle et directe. C’est une masse énorme d’entités mal venues, semi-intelligentes, aussi variées que les pensées des hommes, et défiant,ou peu s’en faut, toute tentative de classification”[1] (C.W. Leadbeater Le Plan Astral, cap. III, Artificiels), una massa enorme di forme-pensiero prodotta con maggiore o minore consapevolezza dall’energia psichica di ogni uomo e che coinvolge in particolare il creatore di romanzi visto come artefice-demiurgo.

Influssi da ormai quasi certe letture dei libri di Annie Besant e del Leadbeater e della formulazione del rapporto esistente tra autore e personaggi da lui stesso plasmati, i quali vivono poi di vita propria sino all’estrema conseguenza dei “personaggi in cerca di un autore” sono stati individuati in ordine sparso in più di un racconto del Siciliano: Lontano (“Nuova Antologia”, gennaio 1902), Stefano Giogli, uno e due  (“Il Marzocco”, 18 aprile 1909) Una piastra e quattro centesimi, che poi avrà come titolo Lo spirito maligno (“Corriere della Sera” 22 maggio1910); La tragedia d’un personaggio, in seguito intitolato La trappola (“Corriere della Sera”, 19 ottobre 1911).

Nella novella La veste lunga (“Noi e il mondo”, febbraio 1913) nel descriverne la protagonista, la sognatrice Didì, Pirandello ci racconta una donna solitaria che “voleva chiudersi tutta in se stessa e andar vagando per il mondo assorta nella scienza teosofica, come Frau Wenzel, la sua maestra di pianoforte”.

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IN ALTO: Bollettino della Società Teosofica; di seguito: locandina del film muto francese del 1926 Feu Mattia Pascal scritto e diretto da M. L’Herbier. Si noti il pavimento a scacchiera tipico dei locali massonici

Al termine di questo excursus nei meandri del pensiero pirandelliano, l’assunto iniziale e la controversia che si voleva dipanare rimane ancora con un punto di domanda. A risponderci interviene il saggio Voltaire[2] che afferma “Le doute est désagréable, mais la certitude est ridicule”. E gli fa eco Pirandello stesso che massonicamente conclude “E’ meglio avere dubbi che false certezze”.

Arch. Renato Santoro – Roma 12 sett. 2015 

NOTE

[1] Questa, la più grande classe di entità astrali, è anche la più importante per l’uomo. Essendo interamente una sua creazione, essa è correlata a lui con i più stretti legami karmici, e la sua azione su di lui è diretta e incessante. E’ un’enorme massa rudimentale di entità semi-intelligenti, che differiscono tra loro come differiscono i pensieri umani, praticamente incapaci di qualsiasi tipo di classificazione o ordine

[2] Il filosofo francese diviene franc maçon alla veneranda età di 84 anni, nell’aprile del 1778, meno di due mesi prima di morire

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