DELFI ombelico del mondo

OMPHALOS

Omphalòs in lingua greca vuol dire ombelico e per gli Elleni ombelico del mondo era Delfi,  luogo geodetico attorno al cui asse ruota la proiezione terrestre della volta celeste, come in una grande architettura cosmica. Lo insegna la Tabula Smaragdina del Trismegisto: “come in alto così in basso”, in una sorta di cordone ombelicale fra terreno e iperuranio.

Delfi è una località della Focide, nella Grecia continentale. Il Mito vuole che proprio in quel sito vennero ad incontrarsi le due aquile che Zeus aveva liberato in volo, una rivolta verso oriente, l’altra verso occidente. Viaggiando alla stessa velocità i due nobili rapaci si erano ricongiunti proprio a Delfi, che dunque si confermava epicentro delle terre emerse.

E’ qui che aveva sede uno dei più importanti e venerati santuari dell’antichità: il tempio di Apollo costruito dai fratelli Agamede e Trofonio. Pizia era la profetessa oracolare di Apollo Piteo che nella cella del tempio offriva i suoi sibillini responsi al pellegrino consultante. Piteo era uno degli appellativi di Apollo, che in quel luogo aveva ucciso il drago Pitone ed è per questo che la sibilla delfica è detta anche Pitonessa.

Si è detto che le esalazioni sulfuree provenienti da una grotta sottostante il naòs, dove si era rappreso il sangue del drago, contribuissero a caricare lo stato di trance della veggente.

Prendendo Delfi come punto O della circonferenza della terra, così come insegna la geometria euclidea, ed applicando a quel centro la ruota dello zodiaco, gli antichi avevano ricostruito la corrispondenza fra i diversi segni zodiacali e i luoghi più notevoli della regione greca.

Allineando Delfi a Cefalonia  si traccia il primo settore circolare di 30 gradi (pari a 1/12 dell’angolo giro dello Zodiaco) che corrisponde al segno dell’Ariete, il primo dei dodici, punto gamma di primavera. Kefale in greco significa testa, elemento caratteristico di questo testardo e tenace segno sotto il dominio di Marte. Come visibile nella figura in alto, procedendo in senso antiorario (secondo il moto della terra rispetto al sole) incontriamo Olimpia, nel settore del Toro. Zeus Olimpio è una divinità che nel suo fantasioso curriculum di metamorfosi finalizzate ai suoi numerosi adulteri a spese di Era annovera anche quella in forma di toro. E’ il toro sul cui dorso sale ignara Europa e che l’invola sino a Creta. I giochi olimpici venivano disputati nel mese di maggio, sotto il segno del Toro dunque. Nei pressi di Olimpia scorre il fiume Alfeo e per i cabalisti seguaci di Fulcanelli (il quale parla di etimologia esoterica per assonanze) è presto trovato il legame con l’ebraico Aleph che vuol dire “toro”.

Nel terzo settore, sempre nel Peloponneso, troviamo i monti Cillene e Liceo. In una grotta del Cillene era nato Hermes, cioè il Mercurio che governa il segno dei Gemelli; mentre sul monte Liceo era nato suo figlio Pan. Più a sud troviamo Sparta, città della cui dualità “geminiana” sono riflesso la costituzione politica che prevedeva due re; e i suoi eroi capostipiti, i divini gemelli Castore e Polluce.

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A sin.: D. Dossi, Mercurio (1523-24). A destra: XVIII lama dei tarocchi, La luna

Nel quarto settore c’è il bosco sacro di Lerna, dove Ercole piega l’Idra, sorta di mostruoso serpente marino che viveva nella palude. Durante il combattimento fra i due, un granchio interviene in aiuto dell’Idra. Palude, Idra, granchio sono tutti elementi acquatici e lunari allusivi al Cancro (che tra l’altro in latino indica proprio quel crostaceo). In basso  al centro nella XVIII lama dei tarocchi, nello stagno dove si specchia la Luna, appare il nostro granchio cancerino.

Il quinto settore del Leone è occupato dall’Argolide e da Micene, il cui simbolo non è a caso la celebre e monumentale Porta dei Leoni. Era la città omerica per eccellenza il cui re Agamennone costituisce l’archetipo del sovrano rampante, la cui solarità regale è evocata dalla sua maschera funebre in lamina d’oro.

A 150 gradi dall’asse Delfi-Cefalonia, il sesto settore, quello della Vergine, taglia la città di Atene, il luminoso faro della classicità. Il navigante che si avvicinava alla costa attica, già a Capo Sunio vedeva rifulgere da lontano i bagliori lanciati dalla statua crisoelefantina della dea Atena. Questa divinità che rappresenta la saggezza, nata tutta intera dalla testa di Zeus, è la Parthenos per eccellenza, la Vergine alla cui maestà è stato innalzato il tempio più glorioso della grecità, il Partenone, che nel suo stesso nome è un manifesto richiamo al segno dello Zodiaco. E ancora: a pochi chilometri da Atene è Eleusi, il sito dei misteri eleusini cui sono sacri i nomi di Demetra e Persefone, quest’ultima detta semplicemente Kore, cioè la ragazza nubile (la Vergine). Attributo a loro caro è la spiga, sinonimo della verdeggiante rinascita primaverile.

Nel settimo settore, corrispondente alla Bilancia, il monte Parnaso è sede delle Muse e qui, alla fonte Castalia (che si trova alle sue pendici) il poeta attinge l’acqua che  darà ispirazione alla sua vena creatrice. Tanta armonia non può essere che sotto l’egida di Venere/Afrodite, il pianeta che ha dominio sul segno della Bilancia. E poi, oltrepassato l’Egeo – che è una sorta di lago greco la cui sponda orientale oggi è Turchia ma che nell’antichità era la Troade e la Ionia, un continuum culturale ellenico – troviamo Ilio, città le cui sorti furono determinate proprio dalla capricciosa dea dell’amore.

Le isole di Lemno e Samotracia ricadono nel successivo settore di 30 gradi, l’ottavo. In questi luoghi si celebravano orgiastici riti di iniziazione legati al dio Efesto, la cui connotazione sessuale è caratteristica dello Scorpione, segno zodiacale d’acqua che nell’uomo astrale corrisponde al pube. Nelle acque di Lemno  fu scaraventato Efesto dal padre Zeus durante un alterco nell’Olimpo, per questo l’sola è associata al dio brutto, burbero e storpio raccontato  da Omero. Eppure a dispetto delle sue fattezze ebbe in moglie Afrodite, la più bella delle dee. Ai Cabiri di Samotracia – due divinità maschili di origine tracia forse progenie di Efesto stesso –  erano legati i riti misterici di quest’isola dell’Egeo settentrionale; misteri ritenuti assai simili a quelli eleusini. E’ Georges de Villefranche a individuare in Efesto e in queste due isole a lui attinenti, le affinità con il segno dello Scorpione.

Il nono settore circolare ci porta sulle cime del monte Pelio, nella Tessaglia. E’ la terra del Centauro Chirone, la fantastica creatura della mitologia greca metà uomo e metà cavallo. Abbinamento perfetto con il segno del Sagittario. Il saggio Chirone in queste lande insegnò agli umani le arti della medicina, dell’astrologia. I fratelli de Chirico che di quei luoghi erano nativi subirono molto il fascino di questo personaggio che ricorre sovente nelle loro opere pittoriche  o letterarie.

CHIRONE 1934

G. de Chirico, Il centauro Chirone istruisce Achille, 1934

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Il mitologico ibrido di uomo/cavallo è presente anche nella cultura mesopotamica come appare da questo reperto babilonese conservato al British Museum di Londra

Il decimo settore, il semisestile del Capricorno, coincide con il monte Olimpo, la vetta più alta della Grecia continentale ma, soprattutto, la più nobile, Montagna sacra degli Elleni era ritenuta dimora degli dei immortali, secondo un archetipo comune a culture religiose le più disparate fra loro (dall’India vedica al Fuji Yama giapponese, dal Tabor delle tribù d’Israele al Machu Picchu inca) che aspirano alle dimensioni ultramondane. Il Capricorno è dominio di Saturno cioè Crono, il padre di tutti gli dei. Sotto questo segno cade il solstizio d’inverno, il momento astronomico in cui il corso del sole sembra destinato a precipitare ma che improvvisamente si arresta – sol stat – e “invictus” riprende a salire verso nuova energia e nuova luce.

Nell’undicesimo settore dell’Acquario troviamo il sito di Dodona nell’Epiro, altro santuario oracolare dell’antichità tenuto in grande considerazione. Qui la voce di Zeus parlava attraverso le fronde di una grande quercia sacra e dall’ascolto del fruscio delle foglie mosse dal vento si poteva interpretare la buona o cattiva sorte. Si tratta dunque di onde sonore, in qualche modo assimilabili – trattandosi di un segno d’aria – al flusso di acqua (onde liquide) travasato dall’anfora nella simbologia tradizionale di questo segno zodiacale (un giovane uomo che versa acqua da un recipiente tenuto sulla spalla, nelle rappresentazioni più antiche come al Palazzo della Ragione di Padova; a volte una figura femminile come nella XIV lama dei tarocchi).

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A sin.: Acquario, Palazzo della Ragione, Padova. A destra: XIV lama dei tarocchi, La temperanza

Infine chiude l’angolo giro il dodicesimo settore, quello dei Pesci nel quale ricade la candida isola di Leucade, nell’Eptaneso, un insieme di sette isole sparse nel Mar Ionio come pesci appunto. Dalla sua alta e bianca scogliera (leukòs significa infatti bianco) a picco sul mare, secondo la leggenda gli innamorati infelici si lanciavano nel vuoto verso i flutti. Se restavano illesi avrebbero inesorabilmente dimenticato le loro pene d’amore. Narra il mito che la prima a tentare questo salto, una sorta di prova “ordalica”  ante litteram, fu la stessa Afrodite, consigliata da Apollo, disperata dopo la morte di Adone. In chiave esoterica può essere interpretato come un tuffo negli stati di subcoscienza, nelle profondità abissali del regno di Nettuno, nel liquido amniotico della precoscienza.

E tra queste splendide e solatie isole greche del Mar Ionio, dove l’ultima isola di questo nostro viaggio astrale, Leucade,  si affaccia verso la prima che avevamo incontrato, Cefalonia, si chiude il cerchio dello Zodiaco di Delfi.

Sono luoghi abbacinati di sole e di luce. Eppure quanto mistero emanano. Perché gli antichi lo sapevano: il mistero e l’enigma non si celano nel buio – troppo ovvio – ma è l’ora meridiana quella più carica di ambiguità e di segreti. Lo ricorda Leopardi nelle sue pagine del Saggio sugli errori popolari degli antichi quando cita gli autori classici (da Stazio a Porfirio) e ci racconta come “gli Dei e Geni comparissero in singolar modo, e atterrissero gli uomini nel tempo del meriggio” , “le ombre dei morti riputavansi comparir e andar vagando sul mezzogiorno” (cap. VII, Del meriggio).

Gli fa eco nel 1918 il quasi greco Giorgio de Chirico: “C’è molto più mistero in una piazza fossilizzata nel chiarore di un meriggio che non nelle scienze occulte” (Il meccanismo del pensiero).

Roma, 26 luglio 2015 – arch. Renato Santoro

BIBLIOGRAFIA

Georges de Villefranche, Astrologia esoterica, Edizioni Mediterranee, Roma 1981

Armando Profita, L’astrologia perduta, Arktos-Oggero editore, Carignano 1991

Oswald Wirth, Il simbolismo atrologico, Atanòr, Roma 2002

OMBELICO DEL MONDO

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