TRIANGOLAZIONI ESOTERICHE: TORINO MAGICA

Turin ist kein Ort, den man verlässt

F. Nietzsche

Fondata esattamente sul 45° parallelo Nord, alla confluenza dei fiumi Po e Dora Riparia, in cui gli esegeti simbolisti scorgono una lettura della doppia polarità maschile e femminile, la Torino esoterica – secondo una leggenda che circola tra gli accoliti della misteriosofia – ha remote origini preromane. Vuole, infatti, il mito narrato da Ovidio che la sua fondazione fosse riconducibile a Fetonte, divinità greca figlio di Helios-Apollo. La città sorse infatti nel punto in cui precipitò, fulminato dalla folgore di Zeus, l’inesperto auriga che aveva voluto sottrarre al padre la guida del carro del sole. E’ un caso che De Chirico, il quale a Torino aveva vissuto una stagione giovanile di fertile creatività traendone ispirazione all’insegna della Metafisica, abbia dipinto proprio questo episodio mitologico, derivandolo da un bozzetto rubensiano?

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IN ALTO: G. de Chirico, Caduta di Fetonte (da Rubens), 1950/60

Qualcuno ha voluto assimilare Fetonte – come era in uso nel periodo di sincretismo religioso ellenistico/romano/egizio – a Osiride, fratello e sposo di Iside, la dea cui era consacrata la magia. E’ un caso che il più importante Museo Egizio d’Europa abbia trovato sede proprio a Torino? La Gran Madre, che dà il nome alla chiesa torinese di Ponte Vittorio Emanuele, è Iside stessa? La cosiddetta mensa isiaca è una tavola in bronzo istoriata con motivi egittizzanti, rinvenuta a Roma nel XVI secolo e poi acquistata dai Savoia. Si tratta di un reperto di età imperiale del I secolo, ma possiamo dire che la sua acquisizione costituisce il primo atto delle collezioni piemontesi a tema egizio che porteranno Carlo Felice, agli inizi dell’Ottocento, alla creazione della prestigiosa raccolta museografica ospitata nel Palazzo dell’Accademia delle Scienze.

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IN ALTO: Mensa Isiaca (Museo Egizio, Torino)

Iside Torino Egizio

IN ALTO: fra i primi reperti trasportati a Torino alla metà del ‘700 da Vitaliano Donati. in missione in Egitto per incarico di Casa Savoia, c’è questa pregevole statua della dea Iside, proveniente da Koptos e risalente alla XVIII dinastia, E’ fra i pezzi di spicco esposti al Nuovo Museo Egizio: la magica Iside non poteva trovare habitat migliore se non nel capoluogo subalpino.

La città romana Julia Augusta Taurinorum, modulata nel I sec. a.C. secondo gli schemi ippodamei ad assi, è orientata secondo gli allineamenti nord-sud/est-ovest del cardo (via S. Tommaso) e del decumanus (via Garibaldi), con una rotazione del quadrante di 26°  (corrispondenti all’altezza del sole calcolata dai Latini al solstizio d’inverno). A sua volta la maglia ortogonale è ripartita in centurie da un fitto reticolato di percorsi anch’essi perpendicolari fra loro, che la rendono simile alla scacchiera muratoria: a simboleggiare la quadratura del mondo, la dualità del bianco e nero, del bene del male.

Al di là del bene e del male: è un caso che una personalità disturbata quale poteva essere quella di Friedrich Nietzsche abbia visto esplodere il suo disagio proprio nella capitale piemontese? E gli fece confidare: “Torino non è un posto da cui andar via“.

IN ALTO: E. Martinez Celaya, Nietzsche e il cavallo di Torino (2010)

Alle due estremità del cardo c’erano la Porta Principalis o Palatina (a settentrione) e la Porta Dextera (a meridione); alle due estremità del decumanus: la Porta Decumana (a ponente) e la Porta Praetoria (a levante). Il punto di intersezione dei due assi principali, cioè l’ombelico della città romana, viene fatto coincidere tradizionalmente con la Fontana Angelica di piazza Solferino, anche se in realtà l’incrocio è da spostarsi qualche isolato più a nord (secondo i rapporti proporzionali della Sezione Aurea). Questo viene considerato il polo positivo della magia bianca che ha fatto di Torino vertice indiscusso del triangolo magico i cui angoli opposti sono Lione e Praga. Della città romana ben poco rimane, se non il tessuto viario del nucleo centrale che costituisce il cuore pulsante di Torino.

IN ALTO: l’impianto romano (m. 700 x 800) sovrapposto al tessuto della città moderna in basso

In alto: ad ornamento della Fontana Angelica di piazza Solferino quattro statue, due maschili e due femminili, che possono rappresentare tanto le stagioni quanto i noti elementi alchemici o la doppia conoscenza E’ opinione diffusa che le due maschili rappresentino Jachin e Boaz, le due colonne massoniche a guardia delle colonne d’Ercole. Opera dello scultore Giovanni Riva, fu inaugurata nel 1929

Uva e melograno, attributi delle due figure femminili della Fontana Angelica rappresentano rispettivamente la conoscenza accessibile a tutti, essoterica, e quella che contrario va penetrata oltre la coriacea scorza, riservata agli iniziati, esoterica.

L’autunno e l’inverno, le due erculee rappresentazioni maschili, hanno capo e sguardo rivolti rispettivamente ad occidente e ad oriente, verso i due orizzonti della morte e della rinascita, del male e del bene, della nigredo e dell’albedo nel magnum opus.

A piazza Castello, altro polo cittadino che non lascia indifferenti gli appassionati del genere, la cancellata che delimita i palazzi dei sovrani sabaudi, è vigilata da Castore e Polluce a cavallo, i divini gemelli di guardia al passaggio fra le opposte declinazioni del bianco e del nero, di cui la stessa Torino è frontiera.

Nella foto in alto è visibile la cupola ideata dal Guarini per la regia chiesa di San Lorenzo, esternamente ispirata a certe soluzioni romane borrominiane. La particolarità di questa cupola è però da scoprire all’interno, dove le otto coppie di costolature che vi si intersecano, se inquadrate da una certa angolatura prospettica, disegnano una inquietante, diabolica faccia, con tanto di occhi accigliati e bocca spalancata, rivolta minacciosa verso l’osservatore.

Guarino Guarini (1624-1683), cupola di S. Lorenzo

In prossimità della Porta Decumana cioè ad occidente, che nella tradizione del mondo antico rappresenta il quadrante dell’oltretomba, la porta del regno dei morti, caricato negativamente, oggi si estende piazza Statuto dove gli occultisti hanno individuato il polo malefico di Torino, al cui centro svetta un obelisco egizio a sottolineare l’asse verticale che mette in comunicazione i piani delle forze terrene e di quelle ultraterrene.

Nella stessa piazza Statuto svetta il monumento al traforo del Frejus, cui molti hanno voluto applicare una chiave di lettura massonica, non solo nella stella a cinque punte posta sul capo della figura alata che trionfa sull’oscurantismo (Lucifero, l’angelo ribelle portatore di “luce”?) ma anche nello sviluppo piramidale dell’impianto. Per fugare illazioni, nel corso del restauro del 2013 il pentacolo incriminato è stato rimosso. Oggi è tornato al suo posto, come ho potuto controllare. Il monumento risale al 1879 e fu progettato dall’architetto conte Marcello Panissera di Veglio, che alla libera muratoria era affiliato.

E’ questa la Torino della magia nera di tradizione più recente, risalente al satanista inglese Aleister Crowley (1875-1947), il quale ridisegna un altro triangolo i cui vertici, oltre Torino, sono in questo caso: Londra e San Francisco.

IN ALTO: Torino, piazza Statuto in una foto del 1865 prima della fontana commemorativa del Frejus

IN ALTO: Torino, obelisco di piazza Statuto

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IN ALTO: il monumento al traforo del Frejus (1879). La stella a 5 punte sparisce dopo il restauro del 2013 ma attualmente è tornata al suo posto

IN ALTO: Gran Madre di Dio, Torino. Tra i due gruppi scultorei laterali, stando agli esoteristi, sarebbe celato il Graal dei Templari.

Altro angolo “sulfureo” di Torino, che ne consolida la nomea di città dell’occulto “noir”, è il cosiddetto “portone del diavolo”, incastonato nell’attuale sede di un noto istituto bancario in via XX Settembre. Si tratta in realtà di un palazzo del XVII secolo sul cui proprietario aleggia la leggenda di essere stato un apprenti sorcier dedito a pratiche magiche. Il batacchio di questo portone esibisce infatti un bel paio di corna sataniche, per la gioia degli appassionati del genere…

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IN ALTO: palazzo Trucchi di Levaldigi

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In alto: l’inquietante mensola di balcone a forma di pipistrello (in via Madama Cristina, angolo Silvio Pellico). La decorazione voluta dal bizzarro proprietario del palazzo risale al 1876

Più nulla invece rimane, se non l’aura o la mitopoietica dei circoli esoterici, massonici o paramassonici, della Torino delle origini. Quella dei Taurinii era verosimilmente una tribù etnica ligure insediatasi nel Piemonte e le fonti latine parlano di un presidio noto come Taurasia o Taurinia. Da qui il nome che Ottaviano diede ad Julia Augusta Taurinorum. E’ su questo nome che si sfrena la fantasia degli occultisti. Riallacciandosi al mito di Fetonte e al suo gemellaggio con il dio egizio Osiride (o, secondo alcune varianti, Horus), la città sulle rive del Po sarebbe, nientemeno, di fondazione egizia. Sarebbe stata la città di Api, cioè del toro sacro dei faraoni e, perciò da qui Torino. Poiché i Taurinii erano anche un’antica popolazione dell’Irpinia preromana e Taurasia era il nome del loro maggiore agglomerato urbano, l’etimologia sembrerebbe piuttosto da ricercarsi nella radice indoeuropea taur o nel celtico thor, entrambi con il significato di “monte” (si veda il greco to oros). Dunque quella con il robusto bovino dei romani (Taurus) sarebbe solo una fortuita assonanza. Di conseguenza, assai flebile diventa il supposto legame con il sacro Api degli abitanti del Nilo.

Altro monumento assurto a simbolo della città sabauda è il tempio del novarese Alessandro Antonelli (1798-1888) e per questo conosciuta come mole antonelliana, un’ardita esercitazione ingegneristica, pensata come edificio di culto ebraico, in linea con gli stilemi dell’eclettismo tardo ottocentesco. Dell’Antonelli è conosciuta l’appartenenza massonica e a ben vedere nell’edificio non sono pochi i rimandi all’estetica della libera muratoria. Uno per tutti la stella a dodici punte, che oggi troneggia al vertice della guglia.

Nella copertina di “La domenica del Corriere” del 31 maggio 1953, è riportato il tragico episodio del nubifragio di quell’anno, su disegno del noto illustratore Walter Molino

In realtà il progetto originario prevedeva un genio alato, manifestamente laico, che però nel 1904 era stato abbattuto da un fulmine. La capigliatura del personaggio progettato dall’ingegnere era adornata da una stella a dodici punte forse ispirata dal pentacolo dell’angelo ribelle di piazza Statuto, il Lucifero portatore di luce del conte di Veglio, anch’egli confratello di loggia.

Fatalità volle che nel maggio del 1953 ancora una volta la svettante antenna antonelliana fosse colpita da una violenta tempesta abbattutasi su Torino, quasi destinata ad attirare gli strali del cielo. Ricostruita con tutti gli accorgimenti della tecnologia più avanzata, l’altezza complessiva della mole è tornata a superare i 167 metri, dimensione che ai primi del secolo scorso ne faceva la struttura più alta d’Europa.

Una simpatica tradizione scaramantica dei Torinesi, anche se di più recente acquisizione – risalente cioè agli anni Trenta del secolo scorso, quando fu inaugurata la storica caffetteria di cui decora l’ingresso – è quella del toro di bronzo dorato incastonato nel pavimento sotto i portici di piazza San Carlo. Della serie “Non è vero ma ci credo”, pare proprio che porti fortuna camminarci sopra, calpestandone gli attributi, ormai limati da un secolo di strofinii. Ed anche chi scrive ha voluto provarne di persona l’efficacia.

In alto: il pavimento antistante l’ingresso del Caffé Torino a piazza S. Carlo

Il simbolo del toro campeggia anche sulle vecchie maglie di calcio della storica squadra calcistica torinese

Il nucleo urbano di Torino è sorto alla confluenza due fiumi, dove la Dora Riparia interseca il suo percorso con il Po. Lo stesso accade a Lione (con il Rodano e la Saona) e a Praga, dove le acque dell’Elba si fondono con quelle della Moldava.

Coppie di fiumi, di polarità maschile e femminile, rappresentano – in una chiave di interpretazione esoterica – la coniugio oppositorum, le nozze mistiche, la sintesi del solare e del lunare, qualcosa che ricorda il Rebis degli alchimisti. E nella città piemontese il tutto è esemplificato scenograficamente nelle due fontane di piazza Comitato di Liberazione Nazionale, realizzate negli anni Trenta del secolo scorso, alle spalle delle chiese gemelle di piazza S. Carlo

In alto: le fontane di piazza CLN, alle spalle delle chiese di S. Carlo e S. Cristina, rappresentanti il Po è la Dora Riparia. L’impianto urbanistico si deve alle direttive progettuali di Marcello Piacentini, architetto di punta del Ventennio. Le due statue sono di Umberto Baglioni, datate 1937

Vorrei infine segnalare che a 36 chilometri ad est del capoluogo piemontese, a Monteu de Po, un piccolo comune sorto sul sito di una antica colonia romana,  Industria, gli scavi archeologici hanno portato alla luce un tempio dedicato ad Iside del I secolo d.C.. I reperti ivi raccolti (statuette votive, bronzetti, sistri etc.) hanno permesso di identificare l’iseo.

IN ALTO: area archeologica di Industria (Monteu de Po)

La potente divinità egizia è riconosciuta come iniziatrice e patrona delle arti magiche, quindi chi meglio di Iside a suggellare il legame con la nostra Torino dei Misteri.

Alla città pedemontana è indissolubilmente legata la figura di uno dei maggiori sensitivi del secolo scorso, Gustavo Rol che Federico Fellini, il più visionario e fantasmagorico dei nostri registi cinematografici, consultava spesso prima di affrontare ogni sua avventura filmica. Le doti di chiaroveggenza di questo celebre e prodigioso paragnosta hanno varcato i confini nazionali; ed hanno contribuito a veicolare la fama di Torino come centro indiscusso di fenomeni paranormali.

arch. Renato Santoro, marzo 2015 (aggiornamento 2023)

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