Uno sceneggiato televisivo di enorme successo negli anni ’60 fu Belfagor il fantasma del Louvre, una produzione francese trasmessa dalla nostra RAI in 6 puntate – quando il piccolo schermo era ancora rigorosamente in bianco e nero – con una splendida Juliette Greco in grande spolvero, calata nel doppio ruolo di un personaggio ambiguo e misterioso e del suo alter ego – le due sorelle Borel – rimasto nella memoria e nel cuore delle platee di mezza Europa.
Nell’intreccio si parlava di arcani e magia, di ectoplasmi e circoli occultisti legati al nome dei Rosacroce, se vogliamo un po’ anacronistici nella Parigi alle soglie del ’68, ma che fanno sempre breccia nella suggestione popolare e nell’immaginario collettivo.
A. Séon, ritratto di Joséphin Péladan
Molti si chiesero chi fossero queste congreghe rosacrociane ed è così che, curiosando qua e là, si finisce con l’imbattersi in quel bizzarro e bislacco santone, tra il sulfureo ed il misterico, corteggiato e vezzeggiato nella Capitale francese di fine Ottocento dai cenacoli esoterici della stagione simbolista, che risponde al nome di Joséphin Péladan. Si faceva chiamare Sâr, riesumando l’appellativo che in lingua caldea veniva usato per i gran sacerdoti e suo vezzo era firmarsi Sâr Mérodack Péladan. Mérodack è un personaggio da lui creato che comparirà in diversi suoi romanzi storici di ambientazione esotica, il cui nome è evocativo di Marduck, divinità dell’olimpo mesopotamico, e con il quale vorrà identificarsi.
In alto: Joséphin Péladan ritratto da Marcellin Desbutin (1891, Museo di Belle Arti di Angers) e da Jean Delville (1895, Museo di Belle Arti di Nîmes)
Nato a Lione nel 1858, il giorno 28 marzo sotto il segno dell’ariete, Péladan era stato discepolo di Barbey D’Aurevilly – uno scrittore noto per le sue posizioni conservatrici e le simpatie monarchiche, ferocemente antisocialista ed antipositivista – di cui condivise gli orientamenti letterari e politici. Influenzata anche da Wagner, la scrittura di Peladan è caratterizzata da un allucinato, febbricitante erotismo, in cui si adombrano inquietudini paranormali. Autore prolifico, ha lasciato un gran numero di romanzi, a partire dal 1884, riuniti sotto l’etichetta della Décadence Latine (da Le Vice suprême a Istar, da L’androgyne a Le panthée), opere in versi (Le quest du Graal) e lavori teatrali come Babylon, Le Prince de Byzance, Semiramis o il dramma wagneriano Le fils des étoiles musicato da Erik Satie, del 1892. Morto a Neuilly-sur-Seine il 27 giugno 1918, è stato tumulato a Parigi nel cimitero dei Batignolles.
Al belga Félicien Rops, che fu in stretti rapporti epistolari con Péladan, furono commissionate le acqueforti per i frontespizi di alcune pubblicazioni del Sâr, come Le vice suprême del 1884 e Curieuse del 1885. Eppure Rops non parteciperà a nessuno dei Salon organizzati dall’Ordine.
Ritratti fotografici del Sâr. La foto a figura intera risale al 1896, anno del suo matrimonio
Di Péladan era nota la feroce misoginia, l’ostilità nei confronti delle minoranze etniche e sociali e una avversione così insistita contro l’omosessualità che lascia sospettare una temuta propensione. Nelle tele di più d’uno dei partecipanti ai Salon le ambigue nudità maschili sono indizio di pulsioni omofile sottocutanee (si pensi alla Scuola di Platone di Jean Delville, ai corpi transgender di Moreau, agli efebici santi di Filiger, ad Hodler e Sarluis). Scrivendo all’amico William Ritt, che non faceva mistero della propria diversità, Péladan si lamentò del fatto che Carmen Sylva – alias Elisabetta di Wied regina di Romania, interessata alle sedute spiritiche tenute dal Sâr per gli adepti rosacrociani – avesse potuto dar credito al pettegolezzo su una presunta pederastia del Grand Maître (la lettera è datata 30 dicembre 1889).
Una insolita posa di Joséphin Péladan pubblicata sul frontespizio del suo Amphithéâtre des sciences mortes, Comment on devient mage, Ethique, Parigi 1892
J. Delville, Orfeo nell’oltretomba, 1896; La scuola di Platone, 1898, Museo d’Orsay, Parigi
G. Moreau, Narciso, 1890; Il ritorno degli Argonauti, 1896, Museo Moreau, Parigi
F. Hodler, Dialogo con la natura, 1884; Il buon samaritano, 1885; Il buon samaritano 1886
C. Filiger, Deposizione, 1893-95
L. Sarluis, San Sebastiano
Per i suoi atteggiamenti eccentrici, reazionario tanto in politica quanto culturalmente, Péladan attirò su di sé gli strali degli ambienti progressisti francesi. Tutto sommato benevola la caricatura fattane da Armand Le Petit nel 1890. Più irriverente il giornale satirico “Le Charivari” che nel numero del 25 febbraio 1892 gli riservò il pungente epiteto di “Sâr Latan”.
Il numero di ottobre della “Revue Illustréee” del 1894 dedica al Péladan una intera pagina di graffianti vignette dal titolo “La giornata dell’occultista”.
La satira non risparmiò nemmeno gli artisti che partecipavano ai Salon rosacrociani, come accadde per Hodler all’indomani dell’edizione del 1892, bersaglio di una versione parodistica di un suo quadro esposto.
Lastra tombale a mosaico nel cimitero parigino dei Batignolles dove Péladan è stato tumulato nel 1918
Fondamentale per la sua formazione fu l’incontro con Stanislas de Guaita e con Gérard Encausse alias Papus, due eminenze dell’esoterismo europeo. Con Papus Peladan fonda una loggia martinista a Parigi e nel 1888 insieme costituirono l’Ordine cabalistico della Rosa+Croce. Il martinismo è una via iniziatica conformata alle dottrine di Louis Claude de Saint Martin filosofo illuminista sui generis, neoplatonico e cabalista, e del suo maestro Martinez de Pasqually. Nella Parigi di fine Ottocento riprende con forza e vigore l’insegnamento alchemico veicolato nel XVII secolo da Johann Valentin Andreae con il romanzo di Christian Rosenkreutz.
“Ad rosam per crucem, ad crucem per rosam” è il motto del rosacrocianesimo di Péladan, attorno al quale si riunisce un confraternita artistica di stampo esoterico costituita da pittori, scrittori, musicisti. Sul declinare del secolo il Sâr – spinto dal desiderio di favorire le arti figurative improntate ad una forte valenza simbolica e con dei risvolti allegorici, allusivi a realtà anagogiche da scoprire oltre il velo del visibile, da interpretare oltre il linguaggio dell’indicibile – promuove un nutrito gruppo di pittori e scultori organizzando fra il 1892 ed il 1897 delle esposizioni a tema, in tutto sei edizioni di Salon alternativi a quelli dell’ufficialità accademica e paludata, mostre collettive sotto l’egida della Rose+Croix. Gli eventi, con ingresso a pagamento, prevedevano, oltre alle arti figurative, esibizioni musicali e recital letterari.
L’ispirazione veniva dal mito – Orfeo, Medusa, la sfinge, l’androgino – dalla kabbalah e dal misticismo mediorientale, dalle leggende medievali legate ai cicli cavallereschi, con quel gusto gotico-fantastico che troviamo nella letteratura del periodo, dalle suggestioni iconografiche rintracciabili nelle tele di Böcklin o di Puvis de Chavannes; con le femmes fatales o quegli estenuati languori propri del decadentismo, in aperto contrasto con temi e modi del realismo, dell’impressionismo e del post-impressionismo. Una sorta di controriforma – più metastorica che fuori dal tempo – di idealità e stile in opposizione all’energia innovativa che scorreva nelle vene della contemporaneità, giudicata materialista e irreligiosamente laica.
Se i Salon di Péladan ebbero una indiscutibile impronta simbolista è però anche vero che non tutti i pittori simbolisti ne sposarono la poetica, giudicandola troppo caratterizzata in chiave esoterica, troppo dottrinale e omologata agli orientamenti dettati del suo Gran Maestro, marcandone le distanze, come accadrà per Gustave Moreau e Odilon Redon che – in virtù della loro forte individualità e della riconoscibilissima cifra segnica – sono considerati tra i maggiori interpreti della corrente simbolista francese.
Numerosi gli artisti che aderirono con slancio all’iniziativa, partecipando agli eventi pubblici dell’Ordine. Il nutrito elenco annovera personalità provenienti da varie parti d’Europa, che il Sâr coltiva e promuove come suoi accoliti: il belga Fernand Khnopff; gli svizzeri Ferdinand Hodler e Felix Vallotton; gli olandesi Jan Toorop e Léonard Sarluis; il nostro Gaetano Previati; il tedesco Carlos Schwabe naturalizzato svizzero; lo spagnolo Rogelio de Egusquiza; i francesi Alphonse Osbert, Jean Delville, Charles Filiger, Alexandre Séon, Armand Point e, accodatisi all’ultima edizione del 1897, Marcel-Béronnau e Georges Rouault cresciuti alla scuola del Moreau.
PRIMO SALONE
L’esordio avviene il 10 marzo 1892 alla Galerie Durand-Ruel di Parigi dove la mostra resta aperta sino al 10 aprile. Il programma organizzato da Péladan – da lui concepito come un “gesto estetico” – gode di un buon finanziamento degli adepti e la partecipazione dei pittori è massiccia. Quasi tutti i nomi sopra elencati inviano loro tele. Il manifesto della prima edizione è curato da Schwabe.
Primo Salone dell’Ordine dei Rosa+Croce: catalogo e manifesto disegnato da Carlos Schwabe (1892)
SECONDO SALONE
Si replica l’anno successivo dal 28 marzo al 30 aprile 1893 al Champs-de-Mars, in concomitanza con il giorno natale del Sâr. Il conte Antoine de La Rochefoucault, suo sodale e confratello gli consiglia di ridurre il numero dei partecipanti e la parte del leone tocca a Fernand Khnopff.
Frontespizio del catalogo del secondo Salone (1893)
TERZO SALONE
L’esposizione è fissata in una piccola galleria a Rue de la Paix, dall’8 aprile al 7 maggio 1894. La selezione delle opere – con Jean Delville e Khnopff in primo piano – si limita a un’ottantina di opere.
QUARTO SALONE
L’edizione del 1895, dal 20 marzo al 20 aprile, primo mese dell’anno di vera luce, corrispondente all’equinozio in Ariete (e al Germinal del calendario rivoluzionario), registra una sempre minor partecipazione di espositori ed ha luogo alla Galleria des Artistes Contemporains a Rue de la Paix. Quell’anno diserta anche Khnopff.
QUINTO SALONE
Nella primavera del 1896 (dal 20 marzo al 20 aprile, come l’edizione precedente) si tiene la rassegna in una piccola sala in Avenue de l’Opera, la galleria delle Arti Riunite. Peladan sarà assente, trovandosi in viaggio di nozze in Italia. Point e Sarluis ne disegnano il manifesto: bersaglio dei loro strali satir ici Zola, campione del naturalismo francese – vale a dire un movimento letterario simmetricamente antinomico al simbolismo dei Nostri – ritratto a mo’ di Gorgone con la testa recisa da un altezzoso Perseo.
Catalogo e manifesto del quinto Salone, disegnato da A. Point e L. Sarluis (1896)
SESTO ED ULTIMO SALONE
La confraternita degli artisti rosacrociani si riunisce per l’ultima volta dal 5 al 31 marzo 1897 alla galleria Georges Petit in Rue de Seze, con ben 53 lavori di Alexandre Seon e i lavori di dodici allievi del Moreau, tra cui Georges Rouault e Pierre Amédée Marcel-Béronnau.
Cala il sipario sul progetto perché Péladan il guru si risolve alla “messa in sonno” della sua “officina” d’arte.
Manifesto realizzato da Gabriel Albinet per il Salon del 1897, con Dante e Leonardo atteggiati a templari
Nota: Le date degli eventi elencati sono desunte dalla bibliografia dei cataloghi pubblicati a margine di ciascuna esposizione, così come riportato in Répertoire des catalogues des “Salons” français, 2e édition, Bibliothèque d’art et d’archéologie, Géneve 1994, p. 77
Sopra le righe la misticheggiante poetica rosacrociana che il Sâr traccia in prefazione al primo Salon del 1892, Come del resto sopra le righe era la ieraticità del personaggio teatralmente interpretato da Péladan; estetizzante sino allo stremo, emulo di un Des Esseintes “controcorrente”. In comune con l’eroe decadente di Huysmans aveva la stessa ammirazione per il Moreau simbolista.
“Artista, tu sei sacerdote: l’Arte è il grande mistero e quando il tuo sforzo realizza il capolavoro, un raggio divino scende come su un altare …”
“Artista, tu sei re: l’Arte è il vero impero …”
“Artista, tu sei mago; l’Arte è il grande miracolo e prova la nostra immortalità …”
J. Péladan
I protagonisti
ROGELIO DE EGUSQUIZA (Santander, 1845 – Madrid, 10 febbraio 1915)
R. de Egusquiza, Il santo Graal, 1893; Figura wagneriana, 1895; Parsifal, 1895, Museo del Prado, Madrid
GAETANO PREVIATI (Ferrara, 31 agosto 1852 – Lavagna, 21 giugno 1920)
G. Previati, Fumatrici d’oppio, 1887; Maternità, 1891; Notturno, 1894; Adorazione dei Magi, 1896, Brera-Milano
ALEXANDRE SÉON (Chazelles-sur-Lyon, 18 gennaio 1855 – Parigi, 5 maggio 1917)
A. Séon, Illustrazione per L’Androgyne di Péladan, 1890; Chimera, 1892; illustrazioni a corredo del primo catalogo del Salon, 1892; Lamento di Orfeo, 1896, Grand Palais, Parigi
FERDINAND HODLER (Berna, 14 marzo 1853 – Ginevra, 19 maggio 1918)
F. Hodler, Il giorno; La notte, 1890, Museo d’Arte di Berna; Stanchi di vivere, 1892, Nuova Pinacoteca, Monaco di Baviera; L’eletto, 1893-94, Museo d’Arte di Berna
ALPHONSE OSBERT (Parigi, 23 marzo1857 – 11 agosto1939)
A. Osbert, Saffo, 1888; La visione di Santa Genevieve, 1892 (Museo d’Orsay, Parigi)
FERNAND KHNOPFF (Grembergen-lez-Termonde, 12 settembre 1858 – Bruxelles, 12 novembre 1921)
F. Khnopff, Chiudo a chiave me stesso, 1891, Nuova Pinacoteca, Monaco di Baviera; Il bacio, 1894; Medusa dormiente, 1896; La carezza della Sfinge, 1896, Museo Regio di Belle Arti di Bruxelles
JAN TOOROP (Purworejo, 20 dicembre 1858 – L’Aja, 3 marzo 1928)
Jan Toorop, La nuova generazione, 1892, Museo Boijmans Van Beuningen di Rotterdam; Le tre spose, 1893; Fatalità, 1893; La sfinge, 1895c., Gemeentenmuseum dell’Aja
ARMAND POINT (Algeri, 23 marzo 1860 – Napoli, 6 febbraio 1932)
A. Point, San Giorgio e il drago, 1897; Sirena, 1897
CHARLES FILIGER (Thann, 28 novembre 1863 – Brest, 11 gennaio 1928)
C. Filiger, Cristo e angeli, 1893; Santa Cecilia, 1893; Il giudizio finale, 1893c., Museo d’Arte di Indianapolis
FELIX VALLOTTON (Losanna, 28 dicembre 1865 – Parigi, 29 dicembre 1925)
F. Vallotton, Autoritratto a vent’anni (1885), Museo cantonale di Losanna
F. Vallotton, Incisioni su legno del 1895: Due gatti; Il poker; L’omicidio
F. Vallotton, L’argent, incisione su legno (1896)
CARLOS SCHWABE (Altona-Amburgo, 21 luglio 1866 – Avon, 22 gennaio 1926)
C. Schwabe, Il giorno della morte, 1892; Spleen et Ideal, 1896; La morte del becchino, 1895-1900, Louvre, Parigi
JEAN DELVILLE (Lovanio, 19 gennaio 1867 – Forest, 19 gennaio 1953)
J. Delville, Medusa, 1893, Istituto d’Arte, Chicago; La morte di Orfeo, 1893, Museo Regio di Belle Arti di Bruxelles; I tesori di Satana, 1895, Museo Regio di Belle Arti di Bruxelles
PIERRE AMÉDÉE MARCEL-BÉRONNAEAU (Bordeaux, 14 luglio 1869 – La Seyne-sur-Mer, 13 gennaio 1937)
P. A. Marcel Béronneau, Orfeo agli Inferi, 1895; Orfeo, 1897, Museo di Belle Arti di Marsiglia
GEORGES ROUAULT (Parigi, 27 maggio 1871 – 13 febbraio 1958)
G. Rouault, Stella Matutina, 1895, Museo degli Avallonesi, Avallon
LÉONARD SARLUIS (L’Aja, 21 ottobre 1874 – Parigi, 20 aprile 1949)
L. Sarluis, Composizione classica, 1895; Ritratto di Leonardo s.d.
Centinaia furono gli artisti che si presentarono all’appello dei Salon; tra i più assidui e rappresentativi con il maggior numero di opere esposte – oltre ai più noti di cui si è fatta menzione – vanno altresì elencati (in ordine anagrafico) personaggi di minor caratura o i trentenni al loro esordio parigino, come: il conte Anatole Marquet de Vasselot (Parigi 1840 – Neuilly-sur-Seine 1904) con le sue terrecotte; il veterano Adolphe Lalyre (Rouvres-en-Woevre 1848 – Courbevoie 1933); Pierre Rambaud (Allevard 1852 – Parigi 1893); lo scultore Émile-Antoine Bourdelle (Mountaban 1861 – Le Vésinet 1929); Pierre-Émile Corniller (Nantes 1862 – Rochefort-en-Terre 1948); Maurice Chabas (Nantes 1862 – Versailles 1947); lo svizzero Albert Trachsel (Nidau, 1863 – Ginevra 1929); l’americano Pinckney Marcius-Simons (New York 1867 – Bayreuth 1909); Adrien Moreau-Néret (Parigi 1869 – 1940); il barone danese Arild Rosenkrantz (Hillerød 1870 – Rønde 1964); André des Gachons (Ardentes 1871 – La Chaussée-sur-Marne 1951); Edgar Maxence (Nantes 1871 – La Bernerie-en-Retz 1954); ben consapevoli che sono ancora decine i nomi dei minori che restano fuori dalla narrazione.
A. Marquet de Vasselot, Ritratto di Nicolas Lorin, medaglione in terracotta, 1888, Museo d’Orsay, Parigi
P.-É. Corniller, Studio per Saffo, 1887
I fondamenti estetici rosacrociani erano stati tracciati da Péladan già nel 1888 nel suo volume L’Art Ochloratique ove bolla come “di massa, volgare e disordinata” (questo il significato del termine greco “ochlos”) l’arte del suo tempo, quella cioè del realismo e dell’impressionismo di un Courbet o di un Manet, manifestando al contrario tutta la sua ammirazione per il simbolismo mistico inaugurato da personaggi come Edward-Jones o Puvis de Chavannes.
ABSTRACT
Bizarre sorcer, between the sulphurous and the mystery, courted and fondled in the French capital of the late nineteenth century by the esoteric cenacles of the symbolist season, responds to the name of Joséphin Péladan. He called himself Sâr, a name that was used in the Chaldean language for the grand priests and his habit was to sign Sâr Mérodack Péladan.
Born in Lyon in 1858, on 28 March under the sign of the Aries, Péladan had been a disciple of Barbey D’Aurevilly – a writer known for his conservative positions and monarchical sympathies, fiercely antisocialist and antipositivist – whose guidelines he shared literary and politically. Also influenced by Wagner, Peladan’s writing is characterized by a hallucinated, feverish eroticism, in which paranormal unrest is overshadowed. He died in Neuilly-sur-Seine on 27 June 1918.
“Ad rosam per crucem, ad crucem per rosam “is the motto of the rosicrucianism of Péladan. Around him an esoteric artistic fraternity is assembled, consisting of painters, writers and musicians. The Sâr – driven by the desire to favor the figurative arts marked by a strong symbolic value and with allegorical implications, alluding to anagogical realities to be discovered beyond the veil of the visible, to be interpreted beyond the language of the unspeakable – promoted a large group of painters and sculptors organizing , between 1892 and 1897, collective exhibitions under the aegis of Rose+Croix. in all six Salon editions.
Many artists joined the initiative with enthusiasm, participating in the public events of the Order. The extensive list includes personalities from various parts of Europe, which the Sâr cultivates and promotes as his acolytes: from Belgium Fernand Khnopff; from Switzerland Ferdinand Hodler and Felix Vallotton; from Holland Jan Toorop and Léonard Sarluis; from Italy Gaetano Previati; from Germany Swiss national Carlos Schwabe; from Spain Rogelio de Egusquiza; from France the others: Alphonse Osbert, Jean Delville, Charles Filiger, Alexandre Séon, Armand Point and, at the last 1897 edition, Marcel-Béronnau and Georges Rouault (grew up at the Moreau school).
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