La tredicesima lama dei Tarocchi raffigura la Morte. E’ l’unico dei 22 Arcani maggiori a non avere intestazione. Siamo noi che riconosciamo nella sua icastica la morte. Nella simbologia muratoria il tema della morte è ricorrente. Nel gabinetto di riflessione il bussante è chiamato a stilare il proprio testamento, antefatto necessario alla dipartita dal mondo profano e la morte è interpretata come rigenerazione, preliminare alla rinascita.
In questa carta i simboli che vi sono rappresentati sono diversi e tutti da decriptare. Ai piedi della morte sono sparse parti smembrate di cadavere. Rimandano alla leggenda di Osiride, fatto a pezzi dal fratello Set. E’ Iside che con premurosa misericordia riuscirà a ricomporre il corpo dello sposo e fratello e a ridargli la vita. Iside è una divinità assai cara agli iniziati, una Vedova familiare.
M. Maier, Atalanta fugiens, 1618, tavola 44
E come non rievocare con lievità il framassone De Curtis, in arte Totò, che nella sua celebre poesia La livella, spiega come la morte fisica sia la grande parificatrice, l’evento che azzera le differenze di classe e di censo.
La morte di cui parlano i massoni non è, naturalmente, la morte fisica. Sottile, cioè sub tela, è il significato che se ne può leggere in filigrana. Tutto ciò che nasce e vive, intorno a noi, è destinato, prima o poi, ad estinguersi, dal vaso che ci era caro a Tebe dalle cento porte.
L’attaccamento alle cose, ai metalli è vanità, bisogna piuttosto essere consapevoli che l’uomo, nel momento in cui viene alla luce, come ammonisce Heidegger, è già pronto per morire. Oggi diremmo, in un discorso strutturalista: siamo programmati così.
Sta a noi tenere viva, fino a che ci è possibile, la fiamma della candela che abbiamo in mano, al riparo dai venti o dal soffio di chi vuole spegnerla.
Sono le energie, positive o negative, l’amore (o il disamore) che mettiamo in circolo, a lasciare qualche traccia che parli, ancora per un po’, illusoriamente di noi.
Il mistero e il timore della morte è stato sicuramente uno dei primordiali meccanismi mentali e sentimentali a determinare in homo sapiens il pensiero religioso. Primus in orbe deos fecit timor… suggerisce Petronio.
Guercino, Et in Arcadia ego, 1618, Galleria Nazionale d’Arte Antica, Roma
Celebre è il dipinto del Guercino, Et in Arcadia Ego. Tralasciando le dotte esegesi esoteriche cui si presta il quadro, il teschio su una lapide di pietra, e quella scritta incisa sul frontale da titolo al quadro, sta a significare che – anche nella felice Arcadia della beatitudine – la morte è presente. Il risvolto della vita è la morte.
Il mito di Hiram e della sua uccisione da compagni infedeli, viene ripercorso – come un mistero osiriaco, una sorta di messa in scena orfica – nel rito di iniziazione al terzo grado.
Infine altro elemento iconografico del Tarocchi è la rosa a cinque petali che è un richiamo a Rosenkreuz, ai Rosacroce, alla rosa che nasce dal sangue della passione.